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Lo scudo penale per la polizia e le chat degli agenti: «Basta indietreggiare, vogliamo mano libera contro i comunisti di m…»

polizia scudo penale chat agenti
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«Non ci fanno lavorare», dicono le forze dell'ordine. Che chiedono il «pugno duro» nei confronti di chi va in piazza. Le aggressioni e le critiche ai vertici. Fino al ministro

C’è chi vuole mano libera contro «i comunisti di merda». E chi dice che «non ci fanno lavorare». Mentre il governo Meloni lavora allo scudo penale per la polizia, per evitare l’indagine automatica nei confronti degli agenti in caso di fatti di piazza (ma anche di omicidio), le chat delle forze dell’ordine diventano bollenti. Le immagini di Bologna e Roma, con gli assalti alla polizia dei manifestanti per Ramy Elgaml, fanno rabbia: «Basta pagare di tasca nostra e basta indietreggiare! Contro la violenza pugno duro, regole chiare e certezza della pena!».

Pugno duro

A parlare delle chat di poliziotti e carabinieri è oggi il Fatto Quotidiano. Lo scudo penale riscuote grande successo, mentre i dubbi del presidente della Repubblica Sergio Mattarella non vengono granché apprezzati. C’è chi se la prende con l’ex capo della polizia Franco Gabrielli, che ha criticato le modalità dell’inseguimento dei carabinieri nell’incidente che ha portato alla morte del 19enne egiziano. E c’è chi elogia il comandante dei carabinieri Salvatore Luongo e l’attuale capo della polizia Vittorio Pisani. I quali hanno sottolineato che «la libertà di manifestare è uno dei semi vitali della democrazia e abbiamo il dovere di garantirla». Prima di aggiungere che «i comportamenti illegali e violenti vanno perseguiti» e manifestare apprezzamento per «la compostezza e l’equilibrio» dei loro uomini.

Le aggressioni

Agenti e militari hanno ricevuto oggetti e petardi. Alcuni si sono fatti male. Non hanno indietreggiato ma non hanno nemmeno reagito. E questo adesso sembra essere l’errore contestato ai superiori. Ovvero quello di aver usato la mano leggera nei confronti dei manifestanti. Ovvero giovanissimi arrabbiati, in parte stranieri di seconda o terza generazione, organizzati in gruppi e collettivi studenteschi e non, senza punti di riferimento solidi nemmeno nei centri sociali, che rischiano le botte e i processi. Il rischio di incidenti gravi ora è dietro l’angolo. I poliziotti si lamentano perché ormai chiunque li riprende con il telefonino.

La dashcam

C’è anche chi contesta l’uso delle telecamere della gazzella che inseguiva Ramy. «Ho detto mille volte di non usarle quelle telecamere, non ce lo possiamo permettere», dice un esperto ufficiale dell’Arma. E c’è chi critica il ministro Matteo Piantedosi per la circolare ai prefetti che indica le zone rosse nelle grandi città. Ieri ha parlato uno dei poliziotti in servizio a Bologna: «Non ho mai visto una cosa del genere. Non ho mai visto tavoli di ferro, sedie, contro di me. Ho visto i miei colleghi feriti: uno con una spalla lussata, un altro con un dente rotto, un terzo che dall’alba di domenica sente un fischio nell’orecchio: un bombone gli è esploso sotto i piedi. A me hanno lanciato una bottiglia in faccia. Le immagini le avete viste tutti, ma credetemi: un conto è vederle, altro è starci in mezzo».

L’adrenalina

E ancora: «Avevo l’adrenalina a mille… Non sono neanche riuscito a dormire dopo aver “staccato”. Per inciso: ho staccato alle quattro del mattino. Avevo preso servizio alle 18 del giorno precedente, quando era iniziato il corteo da piazza Maggiore». Difficile dimenticare: «Sono ancora, come posso dire, disturbato. Ho ammaccature ovunque. E devo continuare a lavorare, scrivere decine di carte. Perché il nostro lavoro è questo. Ma c’è un limite a tutto. Nel senso: fate qualcosa, altrimenti ci ammazzano».

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