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Israele sull’orlo della crisi di governo sull’accordo con Hamas. Ben Gvir: «Se passa ce ne andiamo» Cessate il fuoco a Gaza appeso a un filo

16 Gennaio 2025 - 20:50 Simone Disegni
Il leader dell'ultradestra esce allo scoperto contro Netanyahu. Giallo sul via libera di Israele all'accordo

L’accordo per il cessate il fuoco a Gaza rischia di slittare, o perfino di saltare. Dopo ore di grande incertezza e tensione, questa sera il ministro della Sicurezza nazionale Itamar Ben Gvir è uscito allo scoperto e ha formalizzato la sua minaccia al premier Benjamin Netanyahu. Se il governo approverà l’intesa con Hamas annunciata ieri sera da Usa e Qatar, si dimetterà insieme ai suoi ministri. Il suo partito Orgoglio ebraico, insomma, uscirà dalla maggioranza di governo. «Ritorneremo a far parte dell’esecutivo
solo se la guerra a Gaza riprenderà», ha messo in chiaro il leader dell’ultradestra anti-araba. Una grana per Netanyahu, che da giorni sta negoziando per tentare di evitare che lo segua sulla stessa strada pure Bezalel Smotrich, l’altro leader della frangia oltranzista al governo. In una conferenza stampa Ben Gvir ha sottolineato come l’accordo concluso consentirebbe la liberazione di centinaia di prigionieri palestinesi e dunque la riabilitazione dei gruppi terroristici di Gaza, e oltre a ciò «condannerebbe il resto degli ostaggi» non inclusi nella lista dei primi 33 da liberare. Secondo il Canale 12 israeliano, dopo l’ultimatum di Ben Gvir il governo sarebbe pronto a rinviare di nuovo la votazione sull’accordo, da venerdì a sabato sera. E in quel caso – se l’accordo sarà comunque infine approvato – l’implementazione prevista da domenica slitterebbe a non prima di lunedì. Dopo il voto gli oppositori dell’intesa hanno infatti 48 ore per presentare ricorso alla Corte Suprema.

La frenata di Netanyahu e il rinvio dell’approvazione

L’intesa che consentirà la graduale liberazione degli ostaggi, il rientro nel nord della Striscia dei civli sfollati e l’ingresso di ingenti aiuti umanitari è già stata annunciata in via ufficiale mercoledì sera da chi lo ha reso possibile: il Qatar, con il premier Tamim bin Hamad al-Thani, e gli Usa, sia con il presidente eletto Donald Trump (che si è intestato il successo per primo) sia con quello uscente Joe Biden (che lo ha superato in formalità convocando un’apposita conferenza stampa). Eppure oggi per tutta la giornata l’accordo è sembrato tornare di nuovo pericolosamente in bilico. Già, perché questa mattina l’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha accusato Hamas di aver causato una “crisi dell’ultimo minuto” rinnegando parti dell’accordo raggiunto «nel tentativo di estorcere ulteriori concessioni», e ha pertanto rinviato la riunione del governo israeliano chiamata a votare l’intesa. Il gabinetto «non si riunirà finché i mediatori non comunicheranno a Israele che Hamas ha accettato tutti gli elementi dell’accordo», aveva tuonato lo staff di Netanyahu. Accusa respinte come «prive di alcuna base» dal movimento islamista. Quale che fosse la verità, alla fine della giornata di giovedì è emerso che l’attesa riunione – o per lo meno quella del gabinetto di sicurezza – è stata ricalendarizzata: per venerdì mattina. I disaccordi tra Israele e Hamas «sono stati risolti», ha spiegato una fonte israeliana ad Haaretz. Che però sottolinea come ancora non siano stati convocati i ministri per la riunione dell’esecutivo al completo. Il ministero della Difesa ha confermato comunque che sta preparando il terreno per l’accoglienza degli ostaggi che dovrebbero cominciare ad essere liberati da domenica 19 gennaio, data in cui dovrebbe – il condizionale resta d’obbligo – entrare in vigore il cessate il fuoco (alle 12.15 ora locale, le 11.15 italiane).

Il veto dell’ultradestra di Smotrich

Nolti in Israele sospettano che dietro la frenata di Netanyahu si celasse soprattutto la necessità di prendere tempo per convincere gli alleati riottosi, quelli che rappresentano coloni e altre frange oltranziste del Paese. È noto infatti che Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze e leader dell’ultradestra religiosa, ha definito pericoloso l’accordo con Hamas, annunciando che i suoi ministri avrebbero votato contro. Netanyahu avrebbe quindi tentato di ricucire durante la notte per garantire il passaggio dell’accordo e soprattutto la tenuta del governo. Il partito di Smotrich, Sionismo religioso, ha poi fatto sapere che è disposto a votare a favore dell’intesa raggiunta, e dare fiducia all’esecutivo attuale, solo se il premier promette di riprende il conflitto contro Hamas al termine della prima delle tre fasi previste nell’accordo. Il ministro delle Finanze vuole ricevere l’impegno del primo ministro per iscritto, riferisce Ynet. Intanto i familiari degli ostaggi hanno fatto sapere che per loro, se l’intesa di cessate il fuoco e scambio prigionieri dovesse naufragare, c’è solo un responsabile. «Né Hamas né Ben Gvir, ma Benjamin Netanyahu, sarà responsabile di qualsiasi ulteriore ostacolo al ritorno degli ostaggi», ha dichiarato l’associaizone, «l’accordo deve essere avviato immediatamente in tutte le sue fasi». L’inizio della tregua è previsto per domenica 19 gennaio.

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