Università, la Cattolica inaugura l’anno puntando sull’Africa. Dall’aiuto ai rifugiati ai progetti in Kenya: ecco il piano della rettrice Beccalli
Istruzione dei giovani africani, sia nei loro Paesi di origine sia in Italia. È l’obiettivo del Piano Africa che che la rettrice dell’Università Cattolica di Milano, Elena Beccalli, ha lanciato nel corso dell’inaugurazione dell’anno accademico 2025/2026. L’obiettivo, spiega la rettrice, è chiaro: «Diventare l’università europea con la più rilevante presenza in Africa grazie alla collaborazione con atenei, imprese e istituzioni locali». Il piano nasce dalla consapevolezza di una realtà (ancora) drammatica: nonostante l’Africa rappresenti uno dei continenti con il più rapido tasso di crescita demografica al mondo, oltre 98 milioni di giovani rimangono esclusi dai sistemi scolastici.
Cosa prevede il Piano Africa
Da qui, la risposta dell’università Cattolica: l’ateneo ha dato vita a ben 123 progetti distribuiti in 40 Paesi africani, che spaziano dall’educazione alla salute, dall’agro-alimentare allo sviluppo economico. In Camerun, ad esempio, è operativo un progetto dedicato al miglioramento della gestione sanitaria nella lotta contro la tubercolosi. In Kenya, invece, si lavora a un programma di sviluppo economico che vede la collaborazione della facoltà di Economia della Cattolica. E ancora: una vasta rete di iniziative educative è in corso in Paesi come Etiopia, Ghana, Madagascar, Marocco, Mozambico, Rwanda, Uganda e Zimbabwe. Il piano include anche progetti dedicati alla diaspora africana, affrontando così le difficoltà di rifugiati politici e richiedenti asilo costretti a lasciare i loro Paesi. Iniziative rivolte in particolare alle persone migranti presenti in Italia e in Europa.
«Le seconde generazioni dai margini al centro»
Il Piano Africa non si limita all’istruzione, ma si propone di affrontare le sfide in modo olistico, intervenendo anche su salute, alimentazione e sviluppo economico. «Il Piano richiederà ingenti risorse, ma non dobbiamo lasciarci intimidire», commenta la rettrice, ribadendo che il progetto punta a sostenere non solo i giovani africani nei propri Paesi, ma anche «le comunità di seconda generazione spesso ai margini» delle società europee. «Per i progetti in collaborazione con le imprese e gli enti africani servirà un’azione di sistema, anche in collaborazione con il piano Mattei e con i programmi di agenzie internazionali dedicati all’Africa», spiega Beccalli.
Primo posto in Italia per studenti in uscita all’estero
Durante l’anno accademico 2023/2024, l’Ateneo ha visto partire circa 3mila studenti verso esperienze formative all’estero, posizionandosi, come fa sapere la rettrice al «primo posto in Italia» per mobilità internazionale. Parallelamente, ha accolto circa 2mila studenti internazionali, conquistando così il terzo posto a livello nazionale per ingressi dall’estero. «Un microcosmo internazionale», l’ha definito con orgoglio Beccalli. In relazione al continente africano, l’Università conta attualmente 292 studenti provenienti da 38 nazioni africane. Allo stesso tempo, 104 studenti italiani sono impegnati in programmi di studio e progetti in 13 Paesi africani.
Il commento della premio Nobel per la Pace, Leymah Gbowee
Leymah Gbowee, Premio Nobel per la Pace nel 2011, è stata una delle voci protagoniste dell’inaugurazione del Piano Africa. Pacifista e attivista, Gbowee è originaria della Liberia centrale e la sua storia si intreccia profondamente con i drammi del suo Paese. Aveva solo 17 anni quando, il 1° febbraio 1972, scoppiò la prima guerra civile liberiana. Proprio l’esperienza del conflitto la spinse a diventare assistente sociale, dedicandosi al recupero degli ex bambini-soldato e affrontando le devastazioni della guerra. Nel 1999, mentre il secondo conflitto lacerava il Paese, Gbowee fondò l’organizzazione «Women in Peacebuilding Network», convinta del potenziale trasformativo delle donne nei processi di pace. «Educare una ragazza significa educare una nazione», ha sottolineato durante il suo intervento, aggiungendo che l’istruzione, pur essendo un pilastro fondamentale, da sola non basta. «Nei nostri interventi in loco abbiamo capito che fornire risorse per l’istruzione non è sufficiente, serve un supporto a 360 gradi per garantire la salute, il sostentamento e la dignità delle ragazze».
La Premio Nobel ha poi sottolineato come sia ormai superata la visione dell’Africa come semplice destinataria di competenze dall’esterno: «Io ho vissuto e studiato in Africa per tutta la mia formazione. Posso garantire che c’è tanta competenza e conoscenza in Africa tanto quanto nel resto del mondo. L’università trarrà un grande vantaggio da questo scambio di conoscenze con l’Africa e per l’Africa». Gbowee ha anche toccato temi più ampi, esprimendo dolore per le condizioni delle bambine e delle ragazze in diverse parti del mondo, vittime di maltrattamenti e violenze. Non ha mancato di fare un riferimento alla guerra in corso a Gaza, che senza alcuna remora ha definito «genocidio». Commentando il recente accordo di cessate il fuoco tra Hamas e Israele, ha espresso speranza: «Speriamo che duri nel tempo e permetta ai palestinesi di ricostruire la propria vita».