Al via gli obblighi di sostenibilità anche per le medie imprese europee: 200mila solo in Italia
Sono decine di migliaia le aziende italiane che a partire dal 2025 dovranno iniziare a rendicontare gli effetti della propria attività sull’ambiente. È quanto prevede la direttiva europea sulla Csrd (Corporatre Sustainability Reporting Directive), approvata nel 2022 e recepita in Italia nel settembre 2024. Il provvedimento obbliga le imprese a redigere un report in cui si mette nero su bianco l’impatto sull’ambiente e la strategia che si intende seguire per ridurlo nel corso degli anni. Una novità tutt’altro che simbolica, se non altro perché impone alle aziende di tenere nella giusta considerazione la sostenibilità e dichiarare in modo trasparente le ricadute della propria attività sull’ambiente.
Le regole europee su aziende e sostenibilità
Finora la direttiva ha interessato soltanto le grandi aziende con più di 500 dipendenti, ma la platea delle imprese coinvolte dal provvedimento europeo è destinato ad allargarsi progressivamente. Dal 1° gennaio 2025 sono obbligate a redigere un report di sostenibilità anche le aziende di medie dimensioni che hanno almeno due di questi tre requisiti: più di 250 dipendenti, più di 40 milioni di euro di fatturato e più di 20 milioni di euro di attività totali. A partire dal 2026 le regole si applicheranno anche alle piccole e medie imprese quotate in borsa, mentre tutte le altre avranno tempo fino al 2029 per adeguarsi.
Secondo Affari e Finanza, potrebbero essere oltre 200mila le aziende italiane che già a partire da quest’anno saranno obbligate a rispettare le regole della direttiva Csrd e redigere un report di sostenibilità. Entro luglio 2026, inoltre, l’Italia dovrà recepire un altro provvedimento europeo che si occupa di aziende e sostenibilità. Si tratta della direttiva Csddd, che impone alle grandi aziende non solo di rendicontare il proprio impatto sull’ambiente ma di contrastare attivamente ogni violazione dei diritti umani lungo la filiera. In altre parole: tutte le imprese dovranno dotarsi di una sorta di “patente di sostenibilità” (non solo ambientale), altrimenti rischiano di rimanere escluse dal mercato.
La fuga delle banche americane dagli impegni per il clima
L’entrata in vigore delle nuove regole regole sulla sostenibilità ambientale per le medie imprese europee arriva proprio mentre dall’altra parte dell’oceano si registra un fuggi fuggi generale dagli impegni per il clima. Sono almeno sei, per il momento, le grandi banche americane che hanno deciso di sfilarsi dalla Net zero bank alliance, un gruppo di istituti di credito che ha (o aveva) promesso di fare la propria parte per contrastare i cambiamenti climatici. Si tratta di JpMorgan, Bank of America, Goldman Sachs, Citi, Wells Fargo e Morgan Stanley. È bastata una semplice tornata elettorale – quella che ha consegnato a Donald Trump il ritorno alla Casa Bianca – per convincere le più grandi banche americane a fare marcia indietro sugli impegni di sostenibilità.
January 1, 2025
Perché non succederà anche in Europa
Il passo indietro delle grandi banche americane sulle promesse green sta coinvolgendo, almeno per ora, solo gli Stati Uniti. E ci sono buone ragioni per ritenere che il fenomeno non prenderà piede anche in Europa. Innanzitutto, per via delle già menzionate direttive europee sulla sostenibilità, che rendono la trasparenza e il rispetto per l’ambiente dei veri e propri obblighi legali per le imprese. C’è poi un secondo elemento da ritenere in considerazione: la rinuncia delle banche americane agli obiettivi sul clima non si deve soltanto allo stravolgimento delle ultime elezioni presidenziali ma anche all’insistente pressing politico del Partito Repubblicano.
Nei mesi scorsi, prima ancora che Trump avesse la meglio su Kamala Harris, decine di Stati americani a guida conservatrice hanno portato in tribunale le grandi banche che hanno abbracciato le politiche green e incoraggiato a investire nelle rinnovabili. La tesi dei Repubblicani, un partito in cui militano ancora oggi diversi negazionisti del cambiamento climatico, è la seguente: con la promessa di ridurre le emissioni, queste aziende stanno penalizzando il settore dei combustibili fossili e, di conseguenza, violano le leggi sulla libera concorrenza. Non è chiaro quanto solide possano essere le basi legali di queste accuse. Ma gli annunci dei giorni scorsi dimostrano che è bastata la rielezione di Trump per convincere le aziende coinvolte nelle cause giudiziarie a fare un passo indietro e abbandonare le tanto odiate politiche di sostenibilità. Politiche che i loro competitor europei dovranno continuare a seguire.
In copertina: La sede della Commissione europea a Bruxelles (EPA/Olivier Hoslet)