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Cessate il fuoco fra Israele e Hamas, Netanyahu: «È temporaneo, ci riserviamo il diritto di tornare in guerra». Ben-Gvir e altri si dimettono dal governo

18 Gennaio 2025 - 18:17 Ugo Milano
israele hamas 18 gennaio
israele hamas 18 gennaio
Il ministro per la sicurezza, quello per il Negev e la Galilea e il ministro per il Patrimonio lasceranno i loro incarichi. Il governo israeliano entra in crisi

«Il cessate il fuoco approvato è temporaneo. Ci riserviamo il diritto di tornare in guerra». Le parole, nette, che non lasciano spazio a ulteriori trattative, sono quelle del premier israeliano Benjamin Netanyahu. In un punto stampa ha comunicato che sia Joe Biden che il presidente entrante Donald Trump hanno garantito che la guerra può riprendere se i negoziati sulla seconda fase dell’accordo fallissero. «Trump farà in modo che noi avremo tutte le armi e le munizioni necessarie perché se non riusciamo a raggiungere questo obiettivo adesso, lo faremo con tremenda forza più avanti».

«Non proseguiremo con il piano finché non riceveremo l’elenco degli ostaggi che saranno liberati, come concordato. Israele non tollererà violazioni dell’accordo. La responsabilità esclusiva è di Hamas», ha precisato oggi in giornata il premier israeliano. Una reazione irritata, dopo che, nonostante diversi rumors, Hamas non ha ancora consegnato i nomi delle tre donne che saranno rilasciate domani. Senza nomi l’accordo salta. Ma a saltare non è solo quello. A Tel Aviv il partito Otzma Yehudit ha annunciato che domani mattina presto, in seguito all’accordo che entrerà in vigore, i suoi ministri presenteranno le dimissioni dal governo e dalla coalizione. Di conseguenza, il ministro della Sicurezza Itamar Ben-Gvir, il ministro per il Negev e la Galilea Yitzhak Wasserlauf, il ministro per il Patrimonio Amihai Eliyahu, nonché i presidenti delle commissioni Limor Son Har-Melech e Tzvika Fogel lasceranno i loro incarichi.

Ma il ministro dell’ultradestra Smotrich non si dimette

Il ministro di ultradestra israeliana Bezalel Smotrich ha ribadito la sua contrarietà sull’accordo. Tuttavia, ha osservato, non si dimette perché c’è «l’impegno a cambiare completamente il metodo di guerra per arrivare ad una decisione completa, attraverso la graduale presa del controllo dell’intera Striscia di Gaza». «Abbiamo insistito e abbiamo potuto garantire, tramite una decisione del governo, nel gabinetto e in altri modi, che la guerra non sarebbe finita in alcun modo senza raggiungere i suoi obiettivi completi», ha dichiarato.

Tutto deve partire domattina, se partirà

Scatterà alle 8:30 di domenica 19 gennaio il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Lo ha confermato l’esercito israeliano, dopo che il governo di Benjamin Netanyahu ha dato il proprio via libera all’accordo siglato con Hamas. «L’Idf si sta preparando ad attuare l’accordo per la restituzione degli ostaggi approvato dai vertici politici nella notte di sabato. L’accordo entrerà in vigore domenica 19 gennaio alle 08:30 e, come parte di esso, le truppe dell’Idf attueranno le procedure operative sul campo in conformità con gli accordi stabiliti», si legge in un comunicato delle forze di difesa israeliane pubblicato su Telegram. «L’Idf – continua la nota – si sta preparando ad accogliere gli ostaggi dopo la loro liberazione dalla prigionia di Hamas e sta operando per fornire un adeguato supporto fisico e psicologico».

Lo scambio di prigionieri

Tra le prime operazioni previste dalla prima fase dell’accordo tra Israele e Hamas c’è il rilascio di 737 prigionieri palestinesi in cambio dei primi ostaggi israeliani nelle mani dei miliziani islamici. Lo ha annunciato il ministero della Giustizia di Tel Aviv, secondo cui tra i prigionieri che saranno rilasciati c’è anche Zakaria Zubeidi, responsabile di diversi attacchi contro civili israeliani ed ex leader delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, braccio armato del partito Fatah, evaso da una prigione israeliana nel 2021. Oltre a lui ci sono anche tante donne, tra cui Khalida Jarar, una parlamentare palestinese di sinistra che Israele ha arrestato e imprigionato in diverse occasioni. Anche lei sarà liberata. Jarar è un’esponente di spicco del Fronte popolare per la liberazione della Palestina, gruppo ritenuto «organizzazione terroristica» da Israele, Stati Uniti e Unione Europea. La portavoce del ministero della Giustizia, Noga Katz, ha affermato comunque che il numero finale di prigionieri da rilasciare nel primo scambio dipenderà dal numero di ostaggi vivi rilasciati da Hamas.

Il piano dell’Oms per Gaza

In vista del cessate il fuoco a Gaza, l’Organizzazione mondiale della sanità ha promesso un ambizioso piano di risposta sanitaria di emergenza. «L’obiettivo è trasportare tra i 500 e i 600 camion al giorno nelle prossime settimane» dentro l’enclave palestinese, ha affermato Rik Peeperkorn, rappresentante dell’Oms nei territori palestinesi occupati. Ciò rappresenterebbe «un enorme aumento» rispetto ai 40-50 camion che hanno raggiunto Gaza negli ultimi mesi e sarebbe simile al livello di aiuti che stava raggiungendo Gaza prima del 7 ottobre 2023, giorno dell’attacco di Hamas contro lo Stato Ebraico. Per il medico dell’Oms l’annuncio del cessate il fuoco è stato “un segno di speranza”, ma ha avvertito che la sfida è enorme. I dati rilevano che dall’inizio del conflitto siano state uccise più di 46mila persone nella Striscia di Gaza, a cui si aggiungono altre 110mila rimaste ferite. Nel territorio si stanno diffondendo diverse malattie e il rischio di carestia rimane elevato. Secondo l’Oms, per ripristinare il fatiscente sistema sanitario di Gaza saranno necessari 10 miliardi di dollari.

Sirene in Israele: «Missili dallo Yemen»

Nel frattempo, alla vigilia del giorno in cui scatterà il cessate il fuoco a Gaza, tornano a suonare le sirene d’allarme a Tel Aviv e a Gerusalemme. A farle scattare sarebbe stato un missile lanciato dallo Yemen. Alcuni giornalisti dell’agenzia stampa francese Afp riferiscono di aver udito forti esplosioni. In mattinata, l’Aeronautica militare israeliana ha fatto sapere di aver intercettato il missile Houthi.

Foto copertina: EPA/Bagus Indahono | Manifestanti pro Palestina festeggiano l’accordo tra Israele e Hamas, a Jakarta, in Indonesia, 18 gennaio 2024

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