«Mi sono addormentata in classe perché di notte sogno mio padre che uccide mia madre»
Una ragazzina di 13 anni si è addormentata a scuola durante le lezioni a Torino. Poi ha raccontato alla psicologa scolastica perché: «Sono svenuta perché ho tante cose nella testa. Tante preoccupazioni. Di notte non riesco a dormire. Ho le allucinazioni. Ogni sera succede la stessa cosa. Mio padre racconta come ucciderà mia mamma. In quale modo potrebbe tagliarle la gola. Lo sento. Verso mezzanotte gira per casa con dei coltelli in mano. Sento i rumori dei suoi passi. Va in cucina, poi in soggiorno, in camera mia e nella sua. E, non so come spiegarlo, fa sentire il rumore di questi coltelli e dei suoi passi».
Quattro pagine
La sua testimonianza è finita in quattro pagine di verbale datate 15 maggio 2024. Ed è partita l’indagine, che ha portato alla fine a una condanna per l’uomo a due anni di reclusione. Con la condizionale ma subordinata all’obbligo di frequentare per un anno un centro per uomini violenti. La Stampa racconta che la ragazzina, con la sorella di nove anni, è stata affidata in via esclusiva alla madre. E lei, una donna che per mesi ha subito, «maltrattamenti aggravati e violenze fisiche e psicologiche», oggi lavora in ospedale dopo aver seguito un corso per operatrice socio sanitaria. L’inchiesta ha fatto scattare il codice rosso. Il carcere per lui è arrivato otto giorni dopo la richiesta della pm Antonella Barbera. E per la condanna ci sono voluti solo sei mesi.
La denuncia
«Lui se n’era andato in Polonia e ci era rimasto tanti anni», scrive nella denuncia la madre. «Aveva aperto un ristorante. Quando è fallito è tornato. Ed è diventato violento. Geloso in maniera ossessiva. Mi ha messo le mani addosso davanti alle bambine. Ha cercato di strozzarmi. Ha messo nel mio cellulare un’applicazione per controllare i miei spostamenti. Leggeva chi mi chiamava, chi mi scriveva. Quando ho deciso di separarmi, mi ha detto che mi avrebbe uccisa: lo diceva anche prima. Ma questa volta era più convinto. Ho chiesto aiuto. Ci hanno messe in un luogo protetto. Lui ha seguita per giorni, anche dove facevo il corso di formazione. Sono tornata a denunciarlo».
La testimonianza
Il tutto grazie alla testimonianza della ragazzina. Il suo racconto, «così preciso, dettagliato e puntuale», scrive la gip, ha aiutato: «È stata coraggiosa e ha avuto una consapevolezza tale da capire che il contesto era inaccettabile e che doveva denunciare», dice l’avvocata di parte civile Isabella Ferretti: «È stata molto brava anche l’insegnante a farla confidare».