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Cristina Seymandi e gli insulti dopo il video di Massimo Segre: «Io chiamata putt*** e zocc***, ho subito violenza psicologica»

21 Gennaio 2025 - 07:35 Alba Romano
Il gip le ha dato ragione e ha chiesto nuove indagini per identificare gli autori: «Non è una mia battaglia personale, lo faccio per tutte le donne»

Il giudice delle indagini preliminari di Torino Lucia Minutella ha dato ragione a Cristina Seymandi. Che si opponeva alla richiesta di archiviazione per i commenti che la definivano “puttana” e “zoccola” dopo il video in cui il suo ex fidanzato Massimo Segre annunciava la rottura del fidanzamento per i suoi presunti tradimenti. «Si sostanziano in concetti rivolti in modo esclusivo al genere femminile. Le successive minacce sono rivolte non più solo nei confronti di Seymandi, ma di tutte le donne», ha scritto la Gip. Perché si tratta di fenomeni che sono «forme di manifestazione del più ampio concetto di violenza sulle donne». Ora la procura dovrà indagare per sei mesi per identificare chi l’ha diffamata.

Il caso Seymandi

E lei oggi in un’intervista a Repubblica spiega che si sente «rassicurata. In questo modo si è chiarito che il web non può diventare una giungla dove chiunque può muoversi e dire di tutto senza alcuna regola. Questa però non è una mia battaglia personale». E questo perché «io sono madre di una ragazza di 18 anni e credo che non possiamo consegnare alla società dei nostri figli parole come quelle che sono state pronunciate nei miei confronti. Termini terribili, offensivi, a sfondo perlopiù sessista. In realtà non è solo una questione di genere ma di sensibilità collettiva. Ecco perché è stata una battaglia che ho portato avanti per tanti — donne e uomini, soprattutto giovani, forse più deboli — che hanno dovuto subire una violenza psicologica. Io non ho pensato neanche per un attimo di nascondermi, di sparire dai social, non ho permesso a nessuno di zittirmi. Ho deciso invece di mostrarmi, di non cambiare minimamente la mia vita. L’ho fatto per mia figlia, per Carolina, per Giulia Cecchettin, per tutte le ragazze e i ragazzi che non hanno voce, che hanno paura di denunciare, che muoiono nel silenzio, nell’odio, nell’indifferenza. Non sono riusciti a silenziarmi».

Dopo il video

Dopo il video, sostiene Seymandi, «ho ricevuto tantissimi messaggi di persone che, in maniera molto meno eclatante, sono stati oggetto di diffamazione e offese nella loro vita privata. Spero che questa vicenda sia da monito per tanti. Ho letto delle recenti vicende dell’onorevole Montaruli, dell’ex miss Italia Bergesio». Lei e Massimo Segre non si sono più sentiti. Il garante della privacy lo ha ritenuto non imputabile perché non autorizzò la diffusione del filmato. «Il video fu girato da un investigatore privato: è aperta la questione su chi lo abbia diffuso. Diciamo che non c’è stata una grande soddisfazione da parte mia sull’indagine del garante. Adesso spero che queste persone vengano individuate e venga loro vietato l’uso dei social. L’anonimato forma il branco, i commenti violenti. Quello contro di me è stato un incitamento all’odio», conclude.

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