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Xi ora difende Oms e clima, Putin spera, von der Leyen pensa ai dazi: come hanno reagito i leader al debutto di Trump

21 Gennaio 2025 - 13:35 Bruno Gaetani
insediamento trump reazioni internazionali
insediamento trump reazioni internazionali
La presidente della Commissione europea dice che è il momento di «cambiare marcia». E intanto Xi Jinping telefona a Putin

All’indomani dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, il mondo si muove in ordine sparso. Il ritorno del tycoon al timone degli Stati Uniti ha innescato una serie di reazioni molto diverse tra loro tra i vari capi di Stato e di governo. C’è chi, come l’Europa, corre ai ripari e teme l’impatto di una guerra commerciale con gli alleati d’oltreoceano. Chi, come la Cina, approfitta della retromarcia di Washington sui cambiamenti climatici per imporsi agli occhi della comunità internazionale come vero traino della transizione verso un mondo a zero emissioni. Infine, c’è chi non sa bene cosa aspettarsi. E spera che le promesse fatte da Trump negli ultimi mesi, per esempio sulla necessità per gli Stati Uniti di conquistare Panama e Groenlandia, non siano altro che semplici sparate da campagna elettorale.

L’appello di von der Leyen: «L’Ue cambia marcia»

È Ursula von der Leyen uno dei primissimi leader a commentare l’insediamento di Trump alla Casa Bianca. Secondo la presidente della Commissione europea, «l’ordine mondiale cooperativo che abbiamo immaginato 25 anni fa non si è trasformato in realtà». Anzi, avverte dal Forum di Davos, «siamo entrati in una nuova era di dura competizione geostrategica». E per non rimanere schiacciata da Cina e Stati Uniti, «l’Europa deve cambiare marcia», innanzitutto rafforzando la competitività delle sue imprese, come da ricetta di Mario Draghi. Detto questo, come cambieranno le relazioni commerciali tra Washington e Bruxelles? «Saremo pragmatici, ma rimarremo sempre fedeli ai nostri principi. Proteggere i nostri interessi e sostenere i nostri valori: questo è il modo europeo», spiega von der Leyen. Poco più tardi, è il commissario all’Industria Stéphane Séjourné a dare qualche dettaglio in più e assicurare che l’Ue è pronta a reagire se Trump introdurrà dazi.

Xi Jinping guarda alla Russia

Mentre l’Europa prova a darsi una svegliata e recuperare il tempo perso, la Cina opta per una strategia diversa, ergendosi a difesa di quelle istituzioni e prassi internazionali che in passato è stata accusata più volte di aver violato. Gli Stati Uniti escono dall’Oms? Pechino risponde che l’istituzione «dovrebbe essere rafforzata e non indebolita». Trump fa (di nuovo) un passo indietro sull’Accordo di Parigi sul clima? La Cina esprime «preoccupazione» e assicura che rimarrà «fortemente impegnata nella risposta alla crisi climatica e promuoverà in modo congiunto la transizione energetica su scala globale». Sulla possibilità che TikTok, di proprietà cinese, venga bandito negli Stati Uniti, Pechino invita il tycoon «ad ascoltare con attenzione la voce sulla ragione».

Infine, il capitolo più doloroso: i dazi. «Il protezionismo non porta da nessuna parte, le guerre commerciali non hanno vincitori», dice il vicepremier cinese Ding XueXiang, invitando la controparte americana a «promuovere insieme una globalizzazione economica inclusiva e risolvere con la cooperazione il disaccordo». E a proposito di cooperazione, nel primo giorno della presidenza Trump, Xi Jinping ha pensato bene di alzare la cornetta e chiamare il suo omologo russo Vladimir Putin, assieme al quale ha condiviso la necessità di «collaborare per rispondere alle incertezze dell’ambiente esterno». Ieri, d’altronde, era stato proprio il leader del Cremlino uno dei primissimi a commentare l’insediamento del tycoon: «La Russia è aperta a comunicazioni con gli Usa sul conflitto in Ucraina».

La preoccupazione del Messico

Tra i più preoccupati per il ritorno di Trump alla Casa Bianca c’è, comprensibilmente, il Messico, uno dei primissimi Paesi – insieme al Canada – che potrebbero essere colpiti dai dazi del tycoon. La presidente Claudia Sheinbaum si è congratulata con il suo omologo americano ma anche sottolineato che le relazioni tra i due Paesi devono essere improntate su «rispetto, dialogo e cooperazione». Anche se, ha ammesso, ci sono «visioni diverse» su molte questioni chiave. «Si troverà il momento, che speriamo sarà presto, per il dialogo, la collaborazione, in cui i nostri team si incontreranno per raggiungere accordi su diverse questioni: immigrazione, riconoscimento del lavoro dei messicani negli Stati Uniti, traffico di droga, armi che attraversano gli Stati Uniti verso il Messico e naturalmente il commercio», ha detto Sheinbaum.

Esulta la Siria di al-Jolani

C’è anche chi dall’elezione di Trump ha tutto da guadagnarci, o almeno ci spera, e non ha perso occasione per complimentarsi con il neo presidente americano. È il caso di Abu Mohammed al-Jolani, nuovo leader de-facto della Siria, secondo cui sarà il tycoon «a portare la pace in Medio Oriente». L’ex affiliato dell’Isis, alla guida del movimento di ribellione che ha rovesciato il regime degli Assad, ha espresso la volontà di migliorare i rapporti tra Siria e Stati Uniti, due Paesi storicamente rivali a causa della politica, prima filo-sovietica e poi filo-iraniana, di Damasco.

Foto copertina: EPA/Laurent Gillieron

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