“La Famiglia – The Great Mafia War”, il gioco da tavolo che fa arrabbiare i politici siciliani
Un gioco da tavolo che simula la guerra di mafia degli anni ’80 in Sicilia sta scatenando critiche e polemiche. Si chiama “La Famiglia – The Great Mafia War“, ed è prodotto dalla tedesca Boardgame Atelier. Il prodotto ha vinto di recente l’As d’Or, uno dei maggiori premi della categoria che viene assegnato ogni anno in Francia. Ma a dispetto delle premiazioni e della distribuzione (è tradotto in più lingue e venduto anche in Italia), a far scatenare perplessità sono le modalità di gioco.
Come funziona “La Famiglia – The Great Mafia War“
I giocatori devono mantenere il «controllo dei mandamenti delle famiglie mafiose siciliane», usando autobombe, uccidendo «soldati», costruendo laboratori per la droga e le barche per il trasporto e il contrabbando degli stupefacenti. Possono giocarci fino a un massimo di quattro persone per poi avere il controllo di sei famiglie mafiose. Ogni mandamento ha ovviamente la sua peculiarità.
«Banalizzano il fenomeno mafioso»
Un parlamentare regionale di Forza Italia, Alessandro De Leo, ha inviato una lettera al Presidente della Regione Siciliana Renato Schifani. «È inaccettabile che un fenomeno criminale con il suo carico di violenza e sofferenza venga trasformato in un gioco da tavolo», afferma De Leo. «Questo prodotto non solo offende la dignità dei siciliani, ma svilisce anche l’impegno quotidiano di milioni di cittadini che si battono per la legalità e la giustizia nella nostra Regione. Ancora più grave, sotto ogni punto di vista – prosegue l’esponente di Forza Italia -, è la banalizzazione di elementi violenti come l’uso delle autobombe, ridotte a semplici strumenti di gioco». De Leo chiede al governatore «di valutare ogni possibile azione per contrastare la diffusione di questo gioco, seguendo l’esempio di quelle imprese e associazioni che già si sono mobilitate contro la commercializzazione di prodotti che banalizzano il fenomeno mafioso». Il gioco «trasforma in intrattenimento uno dei capitoli più dolorosi della storia siciliana»