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Monsignor Vincenzo della Corte a 103 anni è il sacerdote più anziano di Napoli: «Dico ancora la messa. Mi rilasso con l’orto. Da giovane scalavo le Dolomiti»

21 Gennaio 2025 - 09:16 Alba Romano
Nato ad Ercolano il 15 gennaio del 1922, il monsignore ripercorre «una buona vita» ricca di soddisfazioni

«Era da poco era finita la guerra. Ho visto feriti, morti, dispersi. Mi sono dedicato quasi sempre agli ammalati e ai più deboli». Così Monsignor Vincenzo Della Corte ricorda i primi giorni da prete. Da allora sono passati quasi sette decenni, mentre lui di anni ne ha 103, è il sacerdote più anziano della diocesi di Napoli, e ancora si sente in gran forma, come possono constatare i fedeli che ogni giorno lo vedono celebrare la messa al cimitero di Napoli. Fino a tre anni fa ogni tanto ci andava in auto, ma oggi ha smesso, dopo una caduta in cui si è fratturato il femore. «Però mi sono ripreso bene. Sono forte», precisa in un’intervista a cura di Elena Scarici sul Corriere del Mezzogiorno

Le Dolomiti e l’orto

Ha soffiato sulle candeline l’ultima volta il 15 gennaio. Un’età raggiunta grazie all’allenamento e agli interessi. «Da giovane con i ragazzi dell’Azione cattolica ho scalato le Dolomiti. E poi mi tengo in allenamento: sono diplomato al Conservatorio San Pietro a Majella di Napoli in pianoforte, in casa ascolto la musica e so anche cantare. Da ragazzo sentirono la mia voce e mi proposero il conservatorio. Ho studiato con un maestro famoso, Enrico Buonocore», racconta. E aggiunge: «Ho sempre coltivato l’orto, amato le piante e la natura. Ne traggo grande forza, mi consente di ritagliarmi momenti di pausa e di riflessione».

La sorella «piccola» di 95 anni

Riflettendo, dice di aver avuto «una buona vita». Nato ad Ercolano in «una famiglia serena». È il primo di sette figli. Oggi vive con la sorella «piccola» di 95 anni. «Mio padre lavorava all’Enel – ricorda -. Da giovane ho frequentato l’Azione cattolica con i ragazzi, ricevendo una formazione a tutto campo. Sono stato anche ebdomadario ed organista della cattedrale. Prima dell’attuale abate della Cappella del Tesoro, monsignor Vincenzo De Gregorio, in Duomo suonavo io. Ho ricoperto anche l’incarico di vicario parrocchiale ma per gran parte della mia esistenza sono stato cappellano degli Ospedali Riuniti, così si chiamavano allora e raggruppavano le maggiori strutture nosocomiali della città. Il mondo della sofferenza, insomma. Dal cardinale Ursi fui anche incaricato di seguire la visita pastorale di tutte le parrocchie della Diocesi».

«Chiedo un posto in paradiso»

Il monsignore racconta che la sua vocazione è nata dallo «Spirito Santo. Il Signore non mi fa mancare la sua benedizione. Dal giorno del battesimo. Mi hanno raccontato che mia nonna, accanto al nome Vincenzo, volle far aggiungere anche Salvatore spiegando che sarei diventato sacerdote. Per me un segno di grazia». Oltre un secolo dopo, continua a portare avanti la sua missione e a festeggiare traguardi, come l’ultimo compleanno celebrato con la sua famiglia e con una targa consegnatagli dal sindaco di Ercolano Ciro Buonajuto. E per il futuro, non chiede altro che «un bel posto in paradiso».

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