Dal monte che cambia nome all’obbligo dello stile classico per gli edifici pubblici: le cinque decisioni più curiose di Trump
Shock and awe. Colpisci e terrorizza. È la filosofia, mutuata dai manuali di strategia militare, che sta dietro la raffica di ordini presidenziali firmati da Donald Trump appena tornato alla Casa Bianca. Tra le decine e decine di dispositivi c’è di tutto. E l’attenzione dei media americani e internazionali si è concentrata comprensibilmente su quelli più «spaventosi» (nel bene o nel male, a seconda dei punti di vista): l’emergenza nazionale sull’immigrazione e il via libera alle trivellazioni senza limiti, l’uscita degli Usa dall’Oms e dagli Accordi di Parigi, lo stop allo ius soli (birthright) e la guerra a ogni «fantasia di genere» sui documenti ufficiali dei cittadini. Ma in quel mare magnum di decisioni – contro la maggior parte si potrà fare ricorso – Trump ha infilato pure una serie di iniziative assai bizzarre, utili a mandare messaggi precisi all’elettorato, oltre che a lasciare tutti a bocca aperta. Ecco i cinque ordini più «strambi» impartiti da Trump subito dopo il ritorno al potere.
1) Mai più bandiere a mezz’asta all’Inauguration Day
Il giorno dell’insediamento Trump era infuriato con Joe Biden. O almeno così s’è mostrato urbi et orbi, a giudicare dal discorso pronunciato al Campidoglio: una sberla dietro l’altra al presidente uscente, e ai suoi predecessori democratici schierati alle sue spalle. Al di là della «vendetta» promessa per anni ai suoi elettori, forse c’era pure un’altra ragione contingente: nell’attesissimo giorno del suo ritorno le bandiere americane su tutti gli edifici pubblici – Congresso e Casa Bianca compresi – erano a mezz’asta. Perché? In ossequio alla morte dell’ex presidente Jimmy Carter, spentosi il 29 dicembre 2024 a 100 anni. Le bandiere a stelle e strisce sono state fatte abbassare per ordine di Biden per un mese: sino al 28 gennaio dunque. Trump deve averla presa come un affronto personale, e così appena entrato in carica ha firmato una «proclamazione» per rifare svettare immediatamente tutte le bandiere di fronte a ogni edificio pubblico per il resto della storica giornata. E ha disposto pure che non avvenga mai più che in un Inauguration Day presidenziale le bandiere possano essere a mezz’asta. Lesa maestà.
2) La grazia degli edifici pubblici
A proposito di edifici pubblici. Trump fa mostra di tenere non solo al relativo pennacchio, ma pure alla loro generale bellezza e qualità architettonica. Un memorandum firmato sempre nelle prime ore dopo l’insediamento richiede infatti all’Amministrazione Generale Usa di predisporre entro 60 giorni «raccomandazioni per avanzare la politica che gli edifici pubblici federali siano visivamente identificabili come edifici civici e rispettino il patrimonio architettonico regionale, tradizionale e classico, in modo da risollevare ed abbellire gli spazi pubblici e nobilitare gli Stati Uniti e il nostro sistema di governo». Gli Usa sono tornati per «farsi rispettare», ha martellato Trump. E anche l’occhio vuole la sua parte.
3) Addio smart working per i dipendenti pubblici
C’è almeno un altro aspetto degli edifici governativi cui Trump ha voluto subito dedicarsi nonappena tornato al potere: quello del loro adeguato «riempimento». Come il boss di un’azienda che deve tornare a monetizzare, in fretta e alla vecchia maniera, sempre nel Giorno 1 The Donald ha ordinato ai capi di tutti i dipartimenti e agenzie federali di mettere fine nonappena possibile allo smart working, che da quelle parti in realtà è chiamato piuttosto remote work. Insomma, i dipendenti del governo devono tornare a lavorare in presenza nei rispettivi luoghi a tempo pieno, fatte salve eventuali «esenzioni necessarie». Gliel’avrà suggerito il neo-capo del Dipartimento per l’efficienza governativa Elon Musk?
4) Prima gli uomini, poi i pesci
Gli uomini, d’altra parte, sono importanti. Più dei pesci. Non è una battuta: è il titolo di un altro memorandum siglato da Trump lunedì 20 gennaio. S’intitola proprio così: Putting People over Fish. Il senso sta però nel sottotitolo: Stopping Radical Environmentalism to Provide Water to Southern California. In sostanza Trump chiede alle agenzie deputate di far defluire più acqua dal Delta di Sacramento-San Joaquin «per l’uso delle persone che hanno disperato bisogno di una fornitura affidabile di acqua». Quella di The Donald vuol essere una rivincita contro le autorità della California (guidata dal democratico Gavin Newsom), accusata di aver gestito tanto male le risorse idriche della zona da aver avuto una parte di responsabilità nei devastanti incendi attorno a Los Angeles di inizio anno. I pesci se ne faranno una ragione.
5) Il Monte intitolato al presidente «espansionista»
Le risorse naturali sembrano essere in questa fase un altro dei pallini di Trump. Vorrebbe prendersi la Groenlandia e il Canale di Panama, come noto. In attesa di riuscirsi, o più realisticamente di strappare qualche relativa concessione, il neo-presidente s’è messo in testa di rivedere un po’ di geografia «interna» agli Usa. Della ri-denominazione del Golfo del Messico come Golfo d’America si sa. È passata inosservata invece la decisione – contenuta nello stesso dispositivo – di cambiare il nome di una remota montagna dell’Alaska. Un arco montuoso con vette oltre i 6mila metri che da un decennio era noto a tutti come Denali. Trump ha dato indicazione perché torni a prendere il nome di William McKinley, il presidente «muscolare» di inizio ‘900 cui il leader repubblicano ha voluto rendere omaggio nel discorso d’insediamento. «Guidò eroicamente la nostra Nazione alla vittoria nella guerra con la Spagna», e «sotto la sua leadership gli Stati Uniti hanno beneficiato di crescita economica e prosperità, compresa l’espansione del territorio della Nazione». Chi vuol capire avrà capito. In caso contrario, si consiglia gita al Monte McKinley.