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Donato De Caprio al processo per l’omicidio della madre, saltano i nervi in aula: cosa ha detto la vicina arrestata ai parenti

22 Gennaio 2025 - 21:21 Giovanni Ruggiero
Donato De Caprio
Donato De Caprio
Steafania Russolillo avrebbe agito con razionalità e lucidità secondo la prociura di Napoli. La donna puntava a rubare i soldi del salumiere influencer di «Con mollica o senza». Ma in casa di sua madre c'erano solo 150 euro

Rischia l’ergastolo Stefania Russolillo, la vicina di casa arrestata per l’omicidio di Rosa Gigante, madre di Donato De Caprio, l’imprenditore e influencer noto per il suo «con mollica o senza». Secondo la procura di Napoli, quello di Gigante è stato un omicidio premeditato e Russolillo dovrebbe essere condannata al carcere a vita. Il suo non era stato un omicidio ben pianificato, secondo l’accusa. La donna era convinta di trovare in casa di Gigante i soldi dei guadagni del figlio Donato De Caprio, sulla base del suo successo sui social e con le sue attività commerciali.

Le scusa e la rabbia dei parenti

A infiammare gli animi in aula però sono state le parole dell’imputata, che ha cercato il perdono dei famigliari della vittima. Quando Russolillo ha provato a chiedere scusa, i parenti di Gigante hanno urlato con rabbia: «Non puoi chiedere scusa, assassina!». Riportata la calma in aula, la donna ha continuato: «Voglio chiedere scusa, sono mortificata, non ho parole per i miei gesti, non riesco a dare un senso a quello che ho fatto». Russolillo ha poi lamentato di aver problemi a riposare: «Non dormo la notte.. non me ne sono resa conto, sono arrivata all’estremo, scrivo tutti giorni a psichiatri e psicologi».

Il movente dell’omicidio

Il 18 aprile 2023 Gigante, 72 anni, fu uccisa in casa sua, nel quartiere napoletano di Pianura. A scoprire tra i primi che la donne era morta era stato proprio suo figlio Donato. Secondo l’accusa, Russolillo avrebbe studiato l’omicidio nei minimi particolari, con lucidità e razionalità. La donna, vicina di casa della vittima, puntava a impossessarsi dei soldi che pensava fossero custoditi in quella casa. Russolillo infatti era certa di trovare parte degli incassi di Donato De Caprio a casa della madre, considerando il successo delle attività dell’uomo, titolare di diverse salumerie.

La ricerca dei soldi

Il sostituto procuratore di Napoli, Maurizio De Marco, ha chiesto l’ergastolo per la 47enne Russolillo. La donna aveva rivoltato la casa della vittima, lasciandola in disordine dopo aver rovistato ovunque. Alla fine si sarebbe impossessata solo di 150 euro e della fede nuziale di Gigante. La donna aveva bisogno di soldi, ha spiegato il pm, perciò cercava ogni possibilità di guadagno: «la notorietà acquista dal figlio, il suo successo commerciale, poteva far pensare che la signora avesse denaro riferibile al figlio». Quindi, per il pm, l’omicidio di Rosa Gigante altro non è stato che «un evento programmato ai danni di una vittima facile, che però si è difesa strenuamente, nel tentativo disperato di sottrarsi al cappio che aveva al collo».

Così Rosa Gigante si è difesa

Un tubicino che l’assassina «ha avvolto intorno al collo dell’anziana con l’intento di strangolarla… la donna si è divincolata e lei l’ha sbattuta contro il muro. Non c’è stata alcuna aggressione da parte della vittima», ha quindi sottolineato il magistrato, facendo riferimento ad alcune dichiarazioni rilasciate dell’imputata. «Lei ha portato con se il tubicino – ha detto ancora il pubblico ministero – usato per strangolare la Gigante… poi è uscita simulando di andare a fare la spesa… l’azione è stata implacabile: è durata circa 10 minuti e la Gigante è morta per asfissia in circa 5-10 minuti a causa del nodo al collo molto stretto».

Nessun complice con Russolillo

Non ci sarebbe stato alcun complice, spiega il pm. Altrimenti le mani della vittima sarebbero state immobilizzate. Russolillo, dopo aver ucciso Gigante, è andata in bagno. «Si è lavata le mani e ha lasciato tracce di sangue, abbandonando carta igienica imbrattata su un mobile». La donna avrebbe anche provato a dare fuoco alla vittima con l’alcol, nel tentativo di cancellare le prove.

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