M87, gli studi sul buco nero turbolento e dinamico: «Metteremo alla prova la teoria della relatività in condizioni estreme»
È turbolento e dinamico il primo buco nero mai fotografato. Sono passati sei anni dalla prima fotografia scattata a M87, al centro della galassia ellittica gigante Virgo A e pochi giorni dalla conferma della teoria della relatività generale di Albert Einstein emersa dalla sua osservazione. Ora, sulla natura del buco nero supermassiccio nato probabilmente dalla fusioni di più buchi neri emergono altri dettagli pubblicati sulla rivista specializzata Astronomy & Geophisics ed elaborati dalla Collaborazione Event Horizon Telescope (EHT). Progetto che coinvolge oltre 400 scienziati di Africa, Asia, Europa e Sud America a cui l’Italia partecipa con l’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) e l’Istituto Nazionale di Astrofisica (Inaf).
Il moto retrogrado
L’analisi delle immagini scattate nel 2017 e nel 2018 evidenzia che la rotazione del buco nero punta lontano dalla Terra, mentre la corona di gas che lo circonda ruota nel senso opposto. Un dettaglio non da poco, che consente agli scienziati di giustificare le ampie variazioni di immagine registrate nel corso degli anni. Ad esempio, la regione più luminosa del buco nero si è spostata di circa 30 gradi rispetto al 2017. «Questo perché il moto retrogrado genera un ambiente più turbolento e instabile, favorendo fluttuazioni più marcate nell’emissione luminosa dell’anello che circonda il buco nero», nota Mariafelicia De Laurentis, fisica dell’Università di Napoli Federico II e dell’Infn.
La teoria della relatività in condizioni estreme
Mentre pubblicano i risultati gli scienziati ne stanno già cercando altri. Analizzando il materiale fotografico raccolto nel 2021 e nel 2022, verranno messe ulteriormente alla prova le conclusioni tratte sulla teoria della relatività e quanto questa rimanga valida in condizioni estreme di gravità come quelle che si registrano in buco nero. Gli esperti hanno ora a disposizione una libreria tre volte più grande di quella usata negli studi precedenti: 120 mila immagini con cui effettuare ulteriori simulazioni.