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I primi 90 anni di Corrado Augias: «Mi dicono: “Vecchio rincoglion***, cosa aspetti a toglierti dalle pal**?”»

23 Gennaio 2025 - 07:05 Alba Romano
Corrado Augias
Corrado Augias
Il conduttore: sono un bersaglio abbastanza visibile e molto indifeso

Corrado Augias compie novant’anni il 26 gennaio. Oggi parla con Repubblica della sua vita e della sua carriera. Nel colloquio con Dario Oliviero parte dal fatto che spesso ormai finisce sui giornali di destra: «Perché sono un bersaglio allo stesso tempo abbastanza visibile e molto indifeso». È una cosa che lo lascia indifferente, dice: «Fa parte del gioco. Quello che mi dà fastidio non è la critica. Quello che mi dispiace è l’insulto: sapessi cosa mi arriva dai social o via mail. A riassumere il concetto più o meno: “Vecchio rincoglionito, cosa aspetti a toglierti dalle palle?”. Lo so, il gioco ormai è cattivo».

Il vecchio gentiluomo

Lui dice che alle volte ormai ci gioca con la figura del vecchio gentiluomo che ancora possiede il lume della ragione. E ci tiene a dire una cosa: «Il ministro Valditara vuole reintrodurre nelle scuole lo studio delle poesie a memoria. Io sono d’accordo, ai tempi miei si imparava a memoria. Ancora oggi me le ricordo quasi tutte, e affliggo i miei nipoti: “settembre andiamo, tempo di migrare”, La pioggia nel pineto, Dante, Pascoli… La memoria un muscolo che va allenato. Però la tua domanda era diversa». Mentre secondo lui oggi c’è una velocità di espressione «per cui nessuno fa più caso a niente, spiega anche perché invece della critica – che richiede una minima elaborazione del pensiero – c’è l’insulto. Basta un “ma vaffanculo”: ecco fatto. E per l’uomo della mia età, è molto brutto».

Morire senza dolore

Augias rivela che vorrebbe morire senza dolore: «E non vorrei neanche andare in Svizzera». E questo perché «Morire è una scocciatura, uno ha tanti progetti, affetti, i nipoti che vedo crescere… Ma stare lì con tutti quei tubi attaccati? Un carissimo amico di cui non ti dico il nome perché so che lo conoscevi ebbe una agonia lunga, una lunga degenza. Lo andavo a trovare e sentivamo un po’ di musica insieme. Poi un giorno disse: “Basta, non ne posso più”. Gli fecero una iniezione di morfina. Fu il modo migliore per andarsene, senza dolore. Io questo voglio fare. Sono convinto che, dato il mortal sospiro, come dice Manzoni, grazie a dio tutto è finito. Non c’è più da fare i conti con nessuno».

I laici

Adesso la chiesa è ridotta come è ridotta, spiega il conduttore, e quindi «noi laici serviamo a indicare anche alla chiesa una via umanistica alla spiritualità». Anche se «Lo so, parlo come un vecchio ma più invecchio più sento questo afflato di fraternità». Ma non sa se è anche saggio: «Non lo so se sono saggio, se sono laico, e nemmeno se sono ateo che è una parola che non vuol dire niente. In realtà sento di partecipare a un afflato che ci tiene insieme, se non altro come morituri. Lo capisci? Chi è così vicino all’uscita come me lo sente questo. Ora vai via che tra un po’ piove».

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