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Perché il governo ha liberato Almasri: «Si rischiavano sbarchi di massa di migranti dalla Libia»

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La consegna del comandante libico all'Aja avrebbe esposto Roma a «rappresaglie». Oltre a ostacoli agli interessi italiani in Tripolitania. Per questo è tornato a casa con un aereo dei servizi segreti

Il comandante libico Najeem Osama Almasri sarà anche un torturatore di migranti secondo la Corte Penale Internazionale. Ma è soprattutto uno degli esponenti di punta di un regime che oggi aiuta il governo italiano. A limitare le partenze dal paese africano. Consegnarlo ai giudici dell’Aja era rischioso. Perché avrebbe esposto Roma a rappresaglie. Tra cui, certamente, un massiccio afflusso di barconi e barchini sulla Sicilia. Oltre a ostacoli ad attività e interessi italiani in Tripolitania. Per questo il governo Meloni ha deciso non solo di scarcerarlo ignorando la richiesta della Corte d’Appello di Roma. Ma anche di riportarlo a casa con un volo della presidenza del Consiglio.

La denuncia

Intanto l’avvocato Luigi Li Gotti, ex sottosegretario alla Giustizia nel governo Prodi, ha presentato una denuncia contro la premier, i ministri dell’Interno e della Giustizia, e il sottosegretario Alfredo Mantovano per favoreggiamento personale e peculato. Mentre in queste ore altre testimonianze sulla figura del generale libico sono arrivate da David Yambio, portavoce di Refugees in Libya: «Me lo ricordo bene, era il capo, lui stesso era un torturatore, era lui a dare gli ordini di uccidere, di sparare e di ridurre in schiavitù. Il suo ruolo evidente, era il capo a Mitiga, ma anche al lager di Jadeda e in altre strutture». Nel frattempo lui ha attraversato Regno Unito, Belgio e Germania superando i controlli (nei mesi scorsi risulta essere stato anche in Francia, Olanda e Svizzera).

Il globo terracqueo

Insomma, spiega oggi Il Fatto Quotidiano, va bene la guerra ai trafficanti di uomini «per tutto il globo terracqueo», come disse Giorgia Meloni qualche tempo fa. Ma c’è anche la realpolitik da considerare. Insieme ai precedenti. Perché, spiega il quotidiano, il governo Meloni non è certo il primo che sostiene, finanzia e protegge milizie nella Libia del post-Gheddafi. Chissà quante ne sa, uno come Almasrii, sui governi e sui servizi italiani, di ieri e di oggi. Anche se si poteva forse fare a meno di impegnare un Falcon dei servizi per rimpatriarlo. E pazienza anche se a Mitiga, il carcere libico dove finiscono i migranti, «gli interrogatori sono brutali» e «non vengono rispettati i più basilari diritti umani», scrive la Corte Penale Internazionale nel suo atto d’accusa.

Prigionieri stuprati e seviziati

Pazienza anche se a Mitiga i bambini vengono divisi dalle madri, alle donne vengono negati gli assorbenti, i prigionieri sono stuprati e seviziati. Con elettrodi e finte esecuzioni. E si lasciano uomini appesi a testa in giù per ore. E ad altri spingono la testa nell’acqua fino a farli annegare. Per la Corte dell’Aja Almasri è un torturatore da punire con l’ergastolo. Per chi lo aspettava a Tripoli è un eroe nazionale. Per il governo italiano vale la stessa definizione che, secondo una voce comune, diede il Presidente statunitense Franklin Delano Roosevelt del dittatore del Nicaragua Anastasio Somoza: «Sarà anche un figlio di puttana. Ma è il nostro figlio di puttana».

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