Acqua Moses, perché il marito di Rosa Vespa è stato scarcerato: «Le ecografie, il pancione, il corredo celeste: lei mi ha ingannato»
«Sono stato ingannato da mia moglie. Io non sapevo nulla di quello che stava organizzando». Le poche parole di Acqua Moses Omogo Chiediebere dette alla giudice delle indagini preliminari Claudia Pingitore sono bastate per la sua scarcerazione. Ma il cittadino nigeriano marito di Rosa Vespa resta comunque indagato per il rapimento della neonata Sofia Cavoto. Ma anche il pubblico ministero Antonio Bruno Tridico gli crede, visto che aveva chiesto anche lui la scarcerazione. «Mio marito non c’entra con quello che ho fatto. Ho organizzato tutto io. È stata una mia idea», ha confermato lei. Specificando che non voleva fare del male alla bimba durante le quattro ore di interrogatorio interrotto da pianti e scuse. La sua legale Teresa Gallucci ha chiesto una visita psichiatrica per accertare il suo stato di salute mentale.
La confessione
«Ho creduto di essere rimasta incinta. Ci speravo. Quando ho capito che non era vero, ho immaginato di esserlo comunque. Mi sono convinta così tanto da esternare questa mia gestazione con chiunque. Con mio marito, ma anche con i miei familiari. Facevo finta di andare dal ginecologo per le ecografie, ho acquistato anche il corredino celeste perché in cuor mio volevo un maschietto. Sono rimasta incastrata in una storia che mi sono inventata e che ad un certo punto, mi sono accorta doveva necessariamente finire. Ecco perché mi sono decisa a rapire la neonata. Sono andata a caso», ha confessato Rosa. Tutti le hanno creduto. Anche Moses, che l’8 gennaio, quando la moglie lo ha avvisato dell’imminente nascita di Ansel, ha preso un permesso dal lavoro. Non è stato presente al parto perché la moglie gli ha detto che nella clinica si erano verificati casi di Covid-19.
Le dimissioni dalla clinica
Anche se c’è ancora un punto oscuro. Ovvero scoprire chi ha redatto le false dimissioni della donna dalla clinica. Mentre Rosa Vespa ha spiegato che prima di Sofia aveva “puntato” altri due neonati, non riuscendo però a portarli via. Per avvicinarli ha usato la stessa scusa di Sofia: ha chiesto di aiutare le gestanti a cambiarli. Loro però, insospettite dall’assenza di divisa e tesserino, avevano detto di no. Moses, invece, ha creduto anche alle prove finte della moglie. «La moglie gli mostrava il pancione. È davvero provato da tutta la vicenda, ha confermato che non si era mai accorto di nulla» ha spiegato Gianluca Garritano, avvocato del 43enne. E fino all’arrivo della polizia si è detto convinto che la moglie avesse partorito: «Solo a casa mi sono reso conto che non era mio figlio».
Le foto scaricate da internet
Lei gli avrebbe mostrato foto di un bimbo prima mulatto, poi sempre più chiaro. Scaricate online, così come le ecografie. Ma è stato il cognato a mostrargli il filmato del rapimento di Sofia: «A quel punto ho preso il bambino, l’ho spogliato e mi sono messo a piangere». Quando era incinta, ha spiegato, «aveva la pancia, la baciavo. Dopo il parto lei si tirava il latte. C’erano le ecografie, le visite e anche le dimissioni dopo il parto dell’8 gennaio». E ancora: «Ero arrabbiato perché quando è nato non potevo vederlo. Aveva le difese immunitarie basse ed era positivo al Covid, così mi aveva detto lei. Sono provato e non capisco perché Rosa mi ha fatto questo», ha detto in lacrime. Ora lo ospita la famiglia della moglie che lo ha ingannato.
Federico Cavoto e Valeria Chiappetta
I genitori di Sofia però non ci credono. «Come può essere dichiarato estraneo?», si chiedono. La famiglia Cavoto sottolinea, in particolare, il fatto che la scarcerazione di Moses sia avvenuta il giorno dopo che Valeria Chiappetta aveva chiesto ad una poliziotta di rassicurarla sul fatto che i due fermati per il rapimento di Sofia sarebbero rimasti in carcere, e si dice, in questo senso, «sconvolta e incredula. Non crediamo all’estraneità dell’uomo e, a questo punto, temiamo che il prossimo passo sarà quello di dichiarare Rosa Vespa inferma di mente, facendo in modo che anche per lei si aprano le porte del carcere».