Bologna, violenza sessuale su una donna trans: nella condanna riconosciuto il movente transfobico
Il caso di violenza sessuale e tentata rapina ai danni di una donna trans a Bologna si è concluso con la condanna dell’imputato a sei anni e quattro mesi. La sentenza segna un precedente giudiziario importante perché riconosce il movente transfobico, ovvero l’odio e il pregiudizio verso le persone trans come elemento del crimine. Non solo. L’associazione Movimento Identità Trans (Mit), costituitasi parte civile, riceverà un risarcimento di 5mila euro. La violenza in questione era avvenuta nel maggio 2024 nel parco della Montagnola a Bologna ed è stata descritta dal giudice come «estrema e inaudita». Secondo quanto ricostruito, il condannato è un 25enne di origine tunisine che si era avvicinato alla donna, chiedendole una prestazione sessuale. Lei ha accettato e i due si sono appartati in una zona buia del parco dove quello che doveva essere un rapporto è poi sfociato in una violenza sessuale. Il tribunale di Bologna ha riconosciuto non solo la crudeltà dell’atto, ma anche la minorata difesa della vittima, una donna già sottoposta a protezione internazionale dopo essere fuggita dal suo Paese di origine, che utilizzava le stampelle a causa di alcuni problemi di deambulazione. Secondo il Gup, il comportamento dell’imputato è stato motivato dalla rabbia per la condizione di genere della vittima, come evidenziato nelle parole di scherno pronunciate durante l’aggressione: «Chiama la polizia, prova a chiamare la polizia».
«Infuriato perché ha scoperto che era una persona trans»
Nella sentenza, il giudice sottolinea come sia stato evidente che l’imputato si fosse infuriato con la vittima «per via del fatto che fosse una persona trans, cosa che lui non si aspettava e per questo ha infierito su di lei». La sentenza ha inoltre escluso attenuanti per l’imputato, nonostante fosse incensurato, considerando le modalità della condotta e il contesto della violenza. La pena è stata aggravata dalla continuazione con la tentata rapina e dalla crudeltà dimostrata, ma non sono state riconosciute le aggravanti delle sevizie perché non sono stati utilizzati strumenti particolari al di fuori dell’atto violento stesso. La vittima, assistita dall’avvocata Barbara Spinelli, riceverà inoltre un risarcimento provvisionale di 15mila euro.
Risarcito anche il Mit: «Precedente importante»
«Si tratta di un precedente fondamentale, che riconosce sia la matrice transfobica che il valore delle associazioni trans che erogano servizi a favore della propria comunità sui territori», commenta il Movimento Identità Trans, noto nel settore, nonché la prima associazione a tutela delle persone trans fondata in Italia. «È una sentenza importante perché apre a scenari di forte rilievo che, pur nella assenza di norme di tutela contro i crimini omolesbotransfobico, consente comunque di nominare la matrice d’odio che ha motivato il reato», aggiunge l’associazione sui social. «Il giudice ha riconosciuto che il movente non era quello della violenza sessuale: era un movente transfobico che la persona ha agito con le modalità della violenza sessuale. Gli stupri sono brutti di per sé ma, per l’accanimento e la volontà di cancellare la persona, questa è la violenza più pesante che ho visto in 18 anni che faccio l’avvocata», commenta l’avvocata del Mit