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In Europa il gas russo esce dalla porta e rientra dalla finestra: il 2025 parte con il record di acquisti di Gnl

26 Gennaio 2025 - 06:51 Gianluca Brambilla
europa gas importazioni russia usa
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Nel 2024 l'Europa ha importato da Mosca una quantità record di gas naturale liquefatto, contribuendo a finanziare - più o meno indirettamente - la guerra di Vladimir Putin in Ucraina

«Dobbiamo diventare indipendenti dal gas russo. Non possiamo fidarci di un fornitore che ci minaccia esplicitamente». È con queste parole che nel 2022 la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, presentava «RePower Eu», il piano dell’Europa per sganciarsi progressivamente dai combustibili fossili di Mosca. A distanza di quasi tre anni, l’obiettivo è stato in parte raggiunto: nel 2021, le importazioni di gas via tubo provenienti da Mosca rappresentavano il 40% del totale europeo. Nel 2023, questa percentuale è crollata all’8%. Ma per un dato che scende, ce n’è un altro che sale. Dallo scoppio della guerra in Ucraina, è aumentata infatti la quantità di gas naturale liquefatto – ossia allo stato liquido – che i Paesi Ue hanno acquistato dalla Russia. Un trend che sembra continuare ancora oggi.

L’Europa importa sempre più gas liquido dalla Russia

I dati della società indipendente Rystad Energy mostrano che nel 2024 l’Europa ha importato da Mosca una quantità record di gas naturale liquefatto, contribuendo a finanziare – più o meno indirettamente – la guerra di Vladimir Putin in Ucraina. Lo scorso anno, i porti europei hanno attraccato navi che trasportavano 17,8 milioni di tonnellate di gas russo, in aumento di oltre 2 milioni di tonnellate rispetto al 2023. «Potremmo dire che il gas russo è uscito dalla porta ed è rientrato dalla finestra», commenta Matteo Di Castelnuovo, direttore del master in Sustainability and Energy Management all’Università Bocconi di Milano. «Al tempo della crisi – ricorda l’esperto – l’Europa ha messo vincoli al petrolio e al gas via tubo, ma non al Gnl perché temeva di non trovarne abbastanza». Prima della crisi del gas del 2022, l’Europa comprava pochissimo gas naturale liquefatto, semplicemente perché il gas via tubo costava molto meno e non richiedeva la costruzione di rigassificatori.

Dopo l’invasione dell’Ucraina, i Paesi europei hanno ridotto drasticamente l’importazione di gas dalla Russia, che dal 1° gennaio 2025 il gas russo ha smesso di transitare anche per l’Ucraina. L’Europa ha rimpiazzato quel gas in due modi: aumentando l’importazione da altri Paesi (per esempio dalla Norvegia e dall’Algeria) e comprando più gas naturale liquefatto. Tra i fornitori di quest’ultimo c’è proprio la Russia, che – rivela Politico – nei primi quindici giorni del 2025 ha venduto all’Europa 837,3 tonnellate di Gnl, la cifra più alta degli ultimi anni. In termini assoluti, l’Europa oggi importa molto meno gas dalla Russia rispetto a pochi anni fa. E a testimoniarlo è anche il fatto che Gazprom – colosso statale russo dell’energia – ha chiuso il 2023 con un bilancio in rosso di 6,8 miliardi di dollari, il primo in oltre vent’anni, e sta valutando di tagliare migliaia di dipendenti al quartier generale di San Pietroburgo. Ma colpisce il fatto che mentre l’Europa cerca di tagliare la dipendenza dal gas russo, la quota del Gnl importata da Mosca stia crescendo per il terzo anno consecutivo.

L’impatto sulle riserve e l’aumento «strutturale» del prezzo del gas

Il freddo intenso di questo inverno e la performance sotto le attese dell’eolico hanno fatto sì che l’Europa consumasse più gas rispetto agli anni scorsi. Il 20 gennaio, le scorte di metano erano poco sotto il 70% della capacità in Italia e poco sotto il 61% in Europa. La Commissione europea ci ha tenuto comunque a precisare che «non c’è alcun problema di sicurezza per gli Stati membri sull’approvvigionamento del gas». Ma il livello degli stoccaggi e lo stop al transito del gas russo in Ucraina sono bastati per spingere al rialzo il prezzo del gas sui mercati.

Nelle prime settimane di gennaio,  il prezzo del gas sul mercato di Amsterdam – che costituisce il riferimento per tutta Europa – ha oscillato intorno ai 50 euro al megawattora. Una cifra più bassa rispetto agli ultimi due anni ma pur sempre superiore rispetto al periodo precedente alla guerra in Ucraina. «Sono prezzi astronomici rispetto al pre guerra», fa notare Di Castelnuovo. Secondo il docente della Bocconi, «c’è un effetto strutturale di aumento del prezzo del gas, semplicemente perché l’Europa ha perso la fornitura più economica sul mercato, ossia quella via tubo dalla Russia, e acquista una quota sempre maggiore di Gnl».

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EPA/Pavel Bednuakov | Una nave di Gnl nella regione russa di Primorsky Krai

L’ipotesi di vietare il gnl russo

I dati sulle importazioni record di Gnl dalla Russia hanno riacceso il dibattito in Europa sull’opportunità di sganciarsi definitivamente dalle forniture di Putin. «Abbiamo rotto la presa del gas russo sul sistema energetico europeo», ma l’aumento delle importazioni del Gnl «solleva serie preoccupazioni», ha ammesso una portavoce della Commissione europea. E infatti sono già dieci i governi Ue che stanno chiedendo a Bruxelles di includere anche il gas naturale liquefatto tra le sanzioni contro Mosca.

«La capacità della Russia di sostenere i suoi sforzi bellici è profondamente intrecciata con le sue entrate energetiche – si legge nella proposta dei dieci Stati Ue -. Dobbiamo fare un ulteriore passo avanti e affrontare le crescenti importazioni di gas naturale liquefatto russo. Come obiettivo finale, è necessario vietare l’importazione di gas e Gnl russi il prima possibile». A opporsi in maniera netta è soprattutto la Slovacchia, uno dei Paesi Ue ad oggi più dipendenti dal gas di Putin. «La Russia è sempre stata un partner affidabile per quanto riguarda le forniture energetiche», ha detto il premier Robert Fico.

Il ruolo chiave del gas di Trump (che costa e fa discutere)

La transizione energetica abbracciata dall’Europa dovrebbe spingere il Vecchio Continente a fare sempre meno affidamento sul gas, a prescindere dal Paese di provenienza, e sostituirlo con fonti di energia più pulita. «Nel 2025 ci si aspetta un mercato del Gnl in over supply, ossia con un’offerta di gas liquefatto superiore alla domanda effettiva», osserva Di Castelnuovo. Al momento, però, l’Europa non può ancora permettersi di fare completamente a meno del gas. E se Bruxelles dovesse decidere davvero di chiudere una volta per tutte i rubinetti del gas russo (sia via tubo, sia via nave), potrebbe vedersi costretta a sostituirlo con il Gnl degli Stati Uniti. Donald Trump ha annunciato un piano per «sprigionare l’energia americana», che passa soprattutto da uno smantellamento delle politiche di transizione energetica e da un drastico aumento dell’estrazione di petrolio e gas. Ed è proprio il Gnl a stelle e strisce che potrebbe rimpiazzare il gas liquefatto russo in Europa.

«Potrebbe essere una buona notizia ma la crescita dell’export di cui parla Trump non sarà immediata», fa notare Di Castelnuovo. Pur essendo ritenuto più affidabile, il Gnl americano è anche molto più costoso del gas che arriva via tubo e che l’Italia, per esempio, importa da Algeria, Libia e Azerbaigian. «Le forniture via tubo avvengono con contratti di lungo periodo e sono difficilmente sostituibili. Il Gnl, al contrario, offre più flessibilità ma ha anche un prezzo molto più elevato», continua l’esperto della Bocconi. Resta il fatto che se l’Unione europea vuole sganciarsi una volta per tutte dai prodotti energetici russi non ha altra scelta, perlomeno sul breve periodo, se non affidarsi al gas liquefatto degli Stati Uniti.

Trump, che è ben consapevole di questa situazione, ha già chiarito la propria posizione: o l’Unione europea comincia ad acquistare molto più Gnl americano o dovrà fare i conti con un’ondata di nuovi dazi. «È qualcosa su cui possiamo avviare una discussione», aveva commentato nelle scorse settimane Ursula von der Leyen, aprendo di fatto alla possibilità di un’intesa con la nuova amministrazione americana. Anche in questo caso, però, non tutti sono d’accordo. In Germania, per esempio, il 90% delle importazioni di Gnl vengono già dagli Stati Uniti e il governo non ha intenzione di aumentare ancora di più questa percentuale. «Non c’è molto altro che possiamo fare», ha commentato il ministro dell’Economia Robert Habeck. Berlino potrebbe prendere in considerazione «l’acquisto di meno gas via tubo dalla Norvegia, ma questo «renderebbe tutto più costoso». Per non parlare del fatto che obbligare Stati e aziende ad acquistare da un unico fornitore, ha precisato il ministro tedesco, «è l’opposto di un’economia di mercato».

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EPA/Aaron Schwartz | Donald Trump durante un evento alla Casa Bianca, 21 gennaio 2025

Foto copertina (generata con intelligenza artificiale): Dreamstime/Phichitpon Intamoon

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