Israele, l’angoscia per gli ostaggi “dimenticati”. Parla la sorella di Omri Miran: «Noi parenti dei rapiti ora siamo una famiglia»
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Anche tra gli ostaggi israeliani a Gaza ci sono sommersi e salvati. Da 8 giorni, con l’entrata in vigore del cessate il fuoco, Hamas ha cominciato a rilasciare alcuni dei rapiti oltre 15 mesi fa. Prima donne, anziani e bambini, prevede l’accordo siglato. Per ora si sono viste le donne: sette, tutte giovani, civili o militari. Ma nelle scorse ore è arrivata la prima doccia fredda per i famigliari e per Israele intero: non tutti i 33 ostaggi che saranno rilasciati nella prima fase dell’intesa – dura 42 giorni – sono in vita. Una parte di essi, probabilmente 8, sono morti: a essere riconsegnati saranno i loro corpi. Hamas lo ha fatto sapere in via ufficiale a Israele, confermando le previsioni dell’intelligence. Sullo sfondo resta poi la gigantesca incognita sul destino delle altre decine di ostaggi che non fanno parte di questa prima lista. Si stima siano altri 63, in gran parte uomini. I loro famigliari si devono armare di dosi di pazienza e preghiere doppie: per arrivare al loro rilascio si dovrà passare da una seconda fase di negoziati indiretti tra Israele e Hamas, con tutti i rischi del caso. Eppure c’è un ingrediente chiave che li aiuta a mantenere la rotta: l’unità. «Siamo come una grande famiglia, ed è questo a darci forza ed energia, dovunque ci troviamo», spiega a Open Naama Miran, sorella di Omri, rapito da Hamas e risucchiato nel buco nero di Gaza dal 7 ottobre.
La Famiglia delle famiglie
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Nelle settimane, poi mesi, poi oltre un anno seguiti all’eccidio nel sud di Israele, il Forum delle Famiglie degli Ostaggi è diventato un punto di riferimento su molti livelli: quello comunicativo, per canalizzare nel modo più appropriato ai media di tutto il mondo le storie dei rapiti e le ansie dei parenti; quello politico, per portare la pressione per la liberazione degli ostaggi in tutti i luoghi decisionali del pianeta, dalle cancellerie europee al Congresso Usa, dal Vaticano al Palazzo di Vetro dell’Onu. Oltre che nelle piazze di Israele, ininterrottamente da allora ogni sabato sera. Eppure per i famigliari stessi, il primo ruolo che riveste è un altro: quello di costruire una comunità, una tenda sotto cui tutti possono stare, capirsi, spalleggiarsi. «Ormai abbiamo lo stesso linguaggio, lo stesso stile, ci capiamo al volo: non servono neppure le parole», racconta Naama, che ha partecipato alle manifestazioni di piazza così ad alcune “missioni diplomatiche” all’estero (dal Papa, all’Onu). Ecco perché ora che sono (ri)cominciati ad uscire gli ostaggi da Gaza, non c’è spazio neppure remoto per rimorsi, gelosie, divisioni. «Ognuno che torna è una gioia assoluta. Quando sono uscite le prime tre ragazze credevo di sognare. “Davvero sono qui?”, continuavo a chiedermi. Avevo voglia di andare ad abbracciarle, anche se non le conosco», racconta la giovane dalla sua casa di Natanya, a nord di Tel Aviv. La comunicazione del Forum riflette in pieno questa filosofia. Sui social o negli incontri coi decisori politici, israeliani e stranieri, il messaggio è uno solo e martellante: «Liberi tutti, sino all’ultimo ostaggio». «Questa è Israele, quando le cose si fanno dure ci uniamo e ci facciamo forza l’uno con l’altro. Dal 7 ottobre è stato incredibile», spiega ancora Naama.
January 27, 2025
Il 7 ottobre di Omri Miran
Questo non toglie, ovviamente, che ciascuna famiglia coltivi speranze assolute e irriducibili per il proprio, di caro. «Certo, vorrei abbracciare Omri, ma non posso farlo, non posso abbracciare una foto o un poster». Miran, 47 anni compiuti da ostaggio, fu prelevato dai miliziani di Hamas il 7 ottobre dopo una mattinata di puro caos e orrore a Nahal Oz, il kibbutz di cui era giardiniere e terapista shiatsu. Ad un certo punto, un paio d’ore dopo l’inizio dell’assalto, Omri stesso s’era convinto che il peggio fosse già alle spalle. Chiuso nella stanza rifugio di casa con la moglie Lishay e le due figliolette Roni e Alma mandò un messaggio ai parenti: «È tutto ok». Non sentivano più le voci e i colpi dei miliziani, credevano fosse tutto finito. Tornarono poco dopo, invece, usando un ragazzino del villaggio come “ostaggio interno” per costringere gli abitanti delle case ad aprire le porte delle loro stanze blindate. Alla fine Omri fu portato via dai terroristi, che avevano appena ammazzato davanti ai famigliari una vicina di casa, ma che per ragioni insondabili non presero, né fecero del male alla moglie e alle bambine del giardiniere.
Il video di Hamas, il buio e le speranze
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I famigliari – Naama ha altri due fratelli e un padre che da allora non ha fatto altro se non occuparsi del caso e della famigliola scampata al massacro – non hanno più saputo nulla di lui fino al 27 aprile 2024, quando Omri è apparso in un video di propaganda di Hamas insieme a un altro ostaggio, Keith Seigel. «Era smagrito, stanco, non aveva luce negli occhi come disse mio padre. Ma era vivo e lucido: fu un grande sollievo», ricorda Naama. Da allora – sono passati esattamente 8 mesi – di nuovo il buio. Nessuna informazione, neppure un indizio, sulle sue condizioni, su chi lo abbia in ostaggio, come, dove. Eppure una notizia che lo riguarda è trapelata: riguarda il suo grado di consapevolezza di quel che accade fuori dalla sua prigione. «Una delle donne liberate da Hamas nei mesi scorsi ci ha detto che Omri ha saputo che Lishay e le bambine si sono salvate e stanno bene. Questo per noi è stato un grande sollievo». Loro sperano nel suo ritorno, lui sa che ha qualcuno da cui tornare, al più presto. «Il 7 ottobre Roni aveva tre anni, passava molto tempo con Omri, chiede spesso di lui. Alma invece aveva 6 mesi, non sa che cosa sia un padre». Il 31 marzo compirà due anni. Naama e i suoi hanno cerchiato quella data in rosso: ora sperano che possa tornare per quel giorno. Nel mezzo ci sono mille ostacoli. «Per noi sono giorni difficili, abbiamo il cuore a pezzi. Ma vogliamo tutti indietro, fino all’ultimo. Non ci daremo pace sino ad allora».
In copertina: Omri Miran in un frame del video diffuso da Hamas il 27 aprile 2024, primo e ultimo segno di vita dopo il rapimento il 7 ottobre 2023