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Roma, falsi certificati e narcotraffico a Rebibbia: 32 misure cautelari, tra cui lo psicologo del carcere

27 Gennaio 2025 - 13:25 Ugo Milano
carcere rebibbia droga narcotraffico psicologo
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Il professionista sanitario avrebbe fabbricato documentazioni per favorire il trasferimento in comunità terapeutiche. Agli arresti anche un'avvocata, che favoriva contatti tra trafficanti

False certificazioni per ottenere misure alternative e traffico di stupefacenti: sono i due filoni della maxi indagine che stamattina, lunedì 27 gennaio, ha portato a eseguire 32 ordinanze di custodia cautelare nel carcere romano di Rebibbia. Al centro delle indagini, coordinate dalla Direzione distrettuale antimafia, uno psicologo del Servizio per le dipendenze patologiche (Ser.D) che avrebbe redatto a pagamento delle relazioni fittizie per permettere che i detenuti scontassero il resto della loro pena in condizioni di detenzione meno afflittive. Circa 300 agenti hanno partecipato a decine di perquisizioni, in cui sono stati sequestrati oltre 30 kg di stupefacenti, 180mila euro in contati e cinque Rolex dal valore di 190mila euro.

Le dichiarazioni fasulle per «ammorbidire» la pena

La prima indagine si è concentrata su quattro soggetti, al momento due ai domiciliari e due sottoposti a sospensione dal pubblico servizio per un anno, a cui si aggiungono altri cinque indagati, per i quali è già stato fissato un interrogatorio preventivo. Questi, coordinati da uno psicologo dell’ASL Roma 2 di Rebibbia ora ai domiciliari, favorivano il collocamento dei detenuti in comunità terapeutiche fabbricando certificazioni fasulle in cui attestavano l’abuso di stupefacenti o lo stato di tossicodipendenza. Almeno in un’occasione un detenuto avrebbe pagato, in cambio del favore, mille euro allo psicologo.

Quest’ultimo, inoltre, avrebbe creato una vera e propria rete di collaboratori che gli indicavano nuove persone da coinvolgere nel sistema di agevolazione illecita. Un maggior numero di ore lavorative, fatte passare come opera di contenimento del rischio di suicidi nel carcere, avrebbe infatti permesso di ricevere una maggiore somma di denaro dall’ASL. Ma non è tutto. Lo psicologo si sarebbe aggiudicato un bando di 100mila euro (mai erogato) nell’ambito del “Progetto Sportello” della Regione Lazio tramite un’associazione creata da operatori sanitari complici. Sono accusati di false attestazioni destinate all’autorità giudiziaria, falsità ideologica, corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e turbata libertà di procedimento di scelta del contraente.

La rete di narcotraffico e l’aiuto dei due avvocati

La seconda indagine – fatta di pedinamenti e intercettazioni – si è concentrata invece su un esponente di spicco del narcotraffico romano. Pur detenuto a Rebibbia, tramite il rapporto con lo psicologo e con l’aiuto di due avvocati, trasmetteva direttive all’esterno. Continuando così a controllare il traffico di stupefacenti nei quartieri del sud-est di Roma e l’approvvigionamento dall’Olanda. I due legali – tra cui Sofia Gargano, che è stato arrestato – avrebbero anche introdotto nel carcere sostanze stupefacenti e cellulari. Il gip della procura di Roma ha emesso il provvedimento di custodia cautelare per 28 individui, otto dei quali sono stati arrestati in flagranza di reato durante le operazioni dei carabinieri.

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