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Così i dazi di Trump rischiano di colpire l’industria italiana (anche se gli piace Meloni)

28 Gennaio 2025 - 08:57 Filippo di Chio
donald trump giorgia meloni dazi america italia
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Il tycoon promette tasse aggiuntive su chip, prodotti farmaceutici e acciaio importato. E una crescita del 2,5% su tutti i settori. Tra i quali ce ne sono molti chiave dell'export italiano negli Usa

Fin da prima che Donald Trump rimettesse piede nella Casa Bianca, le minacce di dazi aggiuntivi avevano raggiunto l’Unione europea in maniera forte e chiara. La querelle di meno di 24 ore tra Washington e la Colombia, con la brusca decisione del tycoon di imporre dazi dal 25 al 50% come rappresaglia, ha reso il timore concreto. E ora è Trump stesso che annuncia misure imminenti che colpiranno soprattutto il settore farmaceutico, l’acciaio e l’alluminio. Proprio i settori in cui l’Italia esporta di più negli Stati Uniti, per circa 20 miliardi di euro annui. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, ha rassicurato: «Andiamo nella giusta direzione». Anche se al momento non sembrano esserci molti spiragli per rendere il nostro Paese un’eccezione alla nuova strategia commerciale americana.

Il protezionismo di Donald Trump

L’annuncio di Trump, in un incontro a Miami con i rappresentanti Repubblicani della Camera, è stato categorico. Dazi a chip per i computer, prodotti farmaceutici e acciaio importato «in un futuro molto prossimo». Lo scopo? «Dobbiamo riportare la produzione negli Stati Uniti. Se vuoi smettere di pagare le tasse devi costruire il tuo impianto proprio qui, in America». Il fenomeno dell’offshoring – vale a dire la costruzione di fabbriche in Paesi con condizioni economiche vantaggiosi – ha danneggiato troppo il gigante a stelle e strisce. Che ora alza gli scudi. E promette, a chiunque riporterà la produzione nella madrepatria, un «abbassamento delle tasse del 15%». Ma quali saranno le conseguenze per l’Italia?

Il dialogo tra Chigi e Casa Bianca

Al momento di certo non c’è nulla. Ci si affida da un lato ai dialoghi tra le amministrazioni, dall’altro alle stime – non certo rosee – dei centri studi. Da Palazzo Chigi, per ora, filtra un cauto ottimismo. Donald Trump ha un occhio di riguardo per il governo italiano, lo ha detto lui stesso: «Giorgia Meloni mi piace molto, vediamo cosa succede (sui dazi, ndr)». Tajani ha già parlato con il nuovo segretario di Stato americano, Marco Rubio, preparando le carte per un’eventuale accordo: «E se il buongiorno si vede al mattino – ha detto – credo che ci siano margini per un buon dialogo con gli Stati Uniti». E l’Italia ne avrebbe bisogno, anche perché i dazi voluti da Trump andrebbero ad azzoppare proprio quelli che sono i settori chiave dell’export italiano oltreoceano.

Quanto vale l’export italiano negli Usa

Nel 2023 il valore delle esportazioni verso gli Usa ha raggiunto i 67,3 miliardi di euro, contro un import di 25,2 miliardi. Una differenza di 42 miliardi che sorride all’Italia, anche perché quasi sempre in crescita nell’ultimo decennio. Da un approfondimento sulle relazioni commerciali con gli Stati Uniti, pubblicato dal Ministero degli Esteri, sono chiari i punti di forza. 12,3 miliardi di euro per i macchinari, 8 miliardi per i prodotti farmaceutici e 12 miliardi per mezzi di trasporto e autoveicoli. Già nel 2018, a dire il vero, lo stesso Trump durante la sua prima amministrazione aveva deciso di tassare indiscriminatamente l’acciaio al 25%, per ragioni di «sicurezza nazionale» ai sensi della Section 232 dello US Trade Act del 1962. Il provvedimento era poi stato sospeso nei confronti dell’Unione europea da Joe Biden, senza però che si arrivasse a una soluzione di lungo periodo.

Il peso dei dazi sull’economia italiana

È indubbio, dunque, che nuovi dazi peserebbero non poco. Secondo Prometeia, nel 2023 l’export italiano è stato colpito per un valore di 2 miliardi di dollari, figli della lunga controversia tra Ue e Usa che coinvolge Airbus e Boeing. Con l’imposizione di nuove tasse, il valore potrebbe più che raddoppiare, arrivando a toccare anche la cifra di 7 miliardi di dollari. L’istituto di previsioni economiche ha però distinto due casistiche possibili. La “migliore” per l’Italia sarebbe l’aumento dei dazi oggi in vigore, che andrebbe a colpire maggiormente settori come la moda e il cibo e porterebbe a un costo aggiuntivo di 4 miliardi. La peggiore sarebbe, invece, un aumento generalizzato e unilaterale su tutte le linee tariffarie di 2 punti e mezzo. In questo caso, andando a colpire il settore farmaceutico e dei macchinari, il costo aggiuntivo supererebbe i 7 miliardi.

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