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Trump invita Netanyahu: sarà il primo leader straniero ricevuto alla Casa Bianca. Gaza, Iran, Arabia Saudita: cosa potrebbero decidere

28 Gennaio 2025 - 21:34 Simone Disegni
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I due leader dovrebbero tornare a vedersi martedì 4 febbraio. L'ambasciatore israeliano negli Usa: «Normalizzazione con Riad mai così vicina»

Benjamin Netanyahu sarà il primo leader straniero ad essere ricevuto da Donald Trump alla Casa Bianca. L’incontro dovrebbe avvenire martedì prossimo, 4 febbraio, secondo quanto annunciato dall’ufficio del premier israeliano. In serata fonti di governo Usa hanno fatto sapere al Times of Israel che la data non è ancora certa, ma che in ogni caso il faccia a faccia avverrà «all’inizio della prossima settimana». Sarà l’occasione dunque per Trump di ritrovare a quattr’occhi uno dei leader mondiali considerati a lui più vicini. Da mesi Netanyahu aveva scommesso sul ritorno del repubblicano alla Casa Bianca al posto del mal sopportato Joe Biden. Trump ha già avuto modo di soddisfare le attese della destra israeliana nei primi giorni alla Casa Bianca, revocando le sanzioni ai coloni violenti di Cisgiordania così come il blocco delle spedizioni di carichi di bombe, poi evocando a più riprese l’idea di «ripulire» la Striscia di Gaza (dai palestinesi). Al contempo il neo-presidente Usa ha però spinto fortemente nel periodo di transizione con Biden per un accordo di cessate il fuoco con Hamas, tale da consentire la liberazione di decine di ostaggi israeliani, sì, ma pure di centinaia di prigionieri palestinesi, inclusi molti condannati per terrorismo. L’accordo implica anche il progressivo ritiro dell’esercito israeliano, cui fa da contraltare non solo il ritorno dei civili palestinesi alle loro case, ma pure la ripresa del controllo del territorio da parte di Hamas.

La fase 2 della tregua e il futuro del Medio Oriente

Al centro del confronto tra i due leader ci sarà soprattutto lo sforzo negoziale atteso dalla prossima settimana per tentare di far progredire l’accordo di cessate il fuoco verso la “fase 2”, quella in cui dovrebbero essere rilasciati altre decine di ostaggi dopo i primi 33 (non tutti vivi) che Hamas e Jihad islamica hanno iniziato a liberare. È noto che gli alleati alla destra di Netanyahu premono perché la tregua termini dopo la fase 1 (dura 42 giorni) e che la guerra ricominci, onde impedire proprio la riconquista di Gaza da parte di Hamas. Come ne uscirà il premier israeliano? Di certo nel quadro più ampio delle interlocuzioni alla Casa Bianca entreranno anche le valutazioni sul “trattamento” da riservare al peggior nemico e al miglior (potenziale) alleato in Medio Oriente: rispettivamente l’Iran e l’Arabia Saudita. Su Teheran il leader israeliano spera di assicurarsi il sostegno di Trump su una nuova linea durissima, in grado di approfittare delle debolezze degli Ayatollah per colpire il suo programma nucleare – forse con attacchi diretti ai siti chiave – se non di far capitolare il regime stesso. Riad, altro acerrimo nemico regionale dell’Iran, potrebbe essere l’altro corno ideale della grande «ricomposizione» delle alleanze.

La normalizzazione con l’Arabia Saudita «a un passo»?

Trump non fa mistero di voler convincere gli israeliani a interrompere le operazioni di guerra soprattutto con la promessa di riprendere rapidamente il filo delle interlocuzioni con Riad, così da portare alla normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita nel quadro dei cosiddetti “Accordi di Abramo“. Proprio stasera il neo ambasciatore israeliano negli Usa Yechiel Leiter ha detto al Jerusalem Post che l’apertura di relazioni diplomatiche con Riad è «più vicina che mai». «Sarebbe una svolta per la regione e altro», ha aggiunto. È noto che il regno guidato de facto da Mohammed bin Salman chiede in cambio da parte di Israele di riaprire la strada verso la soluzione due popoli due Stati, ma informati esperti come Eran Lerman (a Open) sostengono che questo potrebbe prendere la forma di un più o meno vago impegno verso il futuro riconoscimento di uno Stato palestinese.

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