Parlano le vittime dei lager libici di Almasri: «Ci ha torturato, il governo italiano è complice» – Il video
«Chiediamo una spiegazione ufficiale sul motivo per cui Almasri è stato rilasciato invece di essere consegnato alla Corte penale internazionale». A parlare è David Yambio, sudanese rifugiato in Italia dal 2022 e portavoce di Refugees in Libya, intervenuto oggi alla Camera durante una conferenza stampa organizzata dalle opposizioni insieme ad altri due sopravvissuti alle torture inflitte dal generale libico Almasri. «Abbiamo atteso a lungo questo giorno, ma ora ci troviamo di fronte a una profonda delusione. Speravamo nella giustizia, speravamo che il nostro aguzzino pagasse per ciò che ci ha fatto. E invece abbiamo scoperto che è stato liberato», prosegue Yambio, detenuto e torturato nel lager di Mitiga. «Almasri è direttamente responsabile di innumerevoli crimini», sottolinea, aggiungendo che la battaglia per la giustizia riguarda non solo loro, ma anche «tutti i nostri compagni morti o ancora intrappolati in Libia». Rivolge poi un ringraziamento (amaro) all’Italia: «Siamo grati per averci dato un posto sicuro, ma non possiamo dimenticare ciò che abbiamo subito». La conferenza stampa è stata organizzata da tutta l’opposizione ed erano presenti Nicola Fratoianni (Avs), Elly Schlein (Pd), Riccardo Magi (+Europa), Maria Elena Boschi (Italia Viva) e Vittoria Baldino (M5S).
Le richieste al governo
Le vittime hanno poi avanzato richieste precise al governo Meloni, stilate in tre lettere che verranno consegnate alla premier Giorgia Meloni, al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e al sottosegretario con delega ai servizi Alfredo Mantovano. «Chiediamo l’immediata cessazione di tutti gli accordi tra Italia e Libia che permettono abusi contro i migranti, un impegno pubblico per ottenere il rilascio di chi è ancora detenuto a Mitiga e in altri centri libici, e una spiegazione ufficiale sul perché Almasri, che lo stesso governo italiano, nella persona del ministro Piantedosi, ha definito “pericoloso”, sia stato liberato invece di essere consegnato alla giustizia internazionale». Inoltre, hanno sollecitato l’attivazione di un percorso legale per i migranti bloccati nei centri di detenzione libici, inclusa la riapertura dell’Ambasciata Italiana a Tripoli per il rilascio di visti umanitari.
Le testimonianze ai sopravvissuti delle carceri libiche
Il secondo a prendere la parola è Lam Magok, anche lui membro di Refugees in Libya, che ha vissuto cinque anni in Libia, Paese che definisce un vero e proprio «inferno»: «Ogni giorno i migranti muoiono dopo essere stati violentati, torturati, lasciati senza cibo e acqua». Lui stesso è stato prigioniero nel lager di Mitiga: «Almasri mi ha picchiato. Quando ho saputo che era stato arrestato, ho provato una sorta di sollievo ma poi, alla notizia della sua liberazione, sono rimasto scioccato». Rivolgendosi direttamente alla presidente del Consiglio, aggiunge: «Ho sentito dire che Giorgia Meloni è una madre e una cristiana: da madre, come ha potuto permettere che un uomo che tortura e uccide anche bambini fosse rimesso in libertà?». E denuncia: «Mi rendo conto di quanta complicità ci sia da parte del governo italiano in tutto quello che ho vissuto». Della sua detenzione, Magok racconta anche il tentativo di fuga (fallito) da Mitiga: «Ci hanno catturati, Almasri è venuto di persona e ci hanno torturato per cinque giorni. Poi ci hanno obbligato a trasportare i cadaveri dei nostri compagni».
«Almasri è un trafficante di esseri umani»
Il terzo a intervenire è Mohamed, originario del Sud Sudan: «Anche io sono stato detenuto in un lager libico. Nel 2021 ho partecipato a una protesta davanti alla sede dell’Unhcr a Tripoli, ma le forze libiche l’hanno smantellata con violenza e ci hanno deportato in un altro campo, sotto il controllo di Almasri», dichiara. Anche lui, come gli altri, è rimasto sconvolto dalla notizia della sua scarcerazione: «Chi si assume la responsabilità di tutte le morti nei lager? Chi risponderà per le vittime di Almasri?». Mohamed conclude con un appello: «Almasri è un trafficante di esseri umani, una persona estremamente pericolosa. Chiediamo che la verità venga riconosciuta. Non saremo mai liberi finché tutti i rifugiati non saranno liberati dalle violenze atroci».