La svolta storica (e pacifista) dell’Università di Pisa: primo ateneo in Italia a vietare la ricerca per la produzione di armi
Svolta pacifista dell’Università di Pisa. L’antico ateneo ha approvato una modifica storica al proprio statuto, sancendo ufficialmente il suo impegno per la pace, la sostenibilità e la responsabilità sociale. Con questa decisione, l’ateneo diventa il primo in Italia a integrare questi principi nelle proprie norme fondamentali, mettendo nero su bianco un netto rifiuto verso qualsiasi coinvolgimento nella ricerca militare. «In questi tempi drammatici in cui la vita e la dignità umana hanno subito pesanti attacchi, è indispensabile che l’Università dia un segnale esplicito della sua scelta di campo a favore della pace e si dissoci da ogni attività volta allo sviluppo di armamenti», ha dichiarato il rettore Riccardo Zucchi. La presa di posizione non è solo simbolica: tra le novità introdotte, c’è un chiaro divieto alla partecipazione dell’ateneo in attività finalizzate alla produzione, sviluppo e perfezionamento di armamenti.
Cosa c’è nelle modifiche dello Statuto
Le modifiche riguardano i primi quattro articoli dello statuto e ridefiniscono il ruolo dell’università: l’ateneo – si legge ora nel primo articolo – «promuove una cultura di pace, il rispetto dei diritti umani e l’impegno per lo sviluppo sostenibile». Una linea che segna un cambiamento concreto, specialmente nell’ambito della ricerca. All’articolo 2, il nuovo statuto prevede che l’Università «riconosce la pace quale principio fondamentale e si impegna a promuoverne l’applicazione nell’ambito di tutte le proprie attività istituzionali». Nel terzo articolo, viene ribadito che l’ateneo «condivide i principi della ricerca e innovazione responsabile». Infine, il comma 8 dell’articolo 4 va dritto al concreto: l’università «non sostiene e non partecipa ad alcuna attività finalizzata alla produzione, allo sviluppo e al perfezionamento di armi e sistemi d’arma da guerra». Una scelta netta, che potrebbe avere conseguenze sugli accordi di collaborazione con enti e aziende operanti nel settore della difesa. Mentre diverse università italiane continuano a essere coinvolte in progetti di ricerca militare, Pisa decide di prendere una strada diversa, allineandosi a un modello accademico che privilegia la responsabilità etica e sociale. Resta ora da vedere se altri atenei seguiranno l’esempio o se Pisa rimarrà un caso sì virtuoso, ma isolato. Di certo, il messaggio del rettore è chiaro: la ricerca e l’innovazione devono essere al servizio della società, non dell’industria bellica.