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Albania, respinte tutte le domande d’asilo dei migranti portati a Gjadër. Le associazioni: «Negato il diritto alla difesa»

30 Gennaio 2025 - 19:15 Alessandra Mancini
Vagliate e respinte a tempo record le domande di 42 dei 43 migranti. Avranno 7 giorni di tempo per fare ricorso. Venerdì la pronuncia della Corte d'Appello sui trattenimenti

Sono state dichiarate «infondate» e dunque respinte, le 42 richieste di protezione internazionale presentate dai migranti trattenute nel centro albanese di Gjadër. Soltanto una persona non ha ricevuto il diniego: sarà ascoltata in procedura ordinaria poiché è stata riscontrata una «vulnerabilità medica». La risposta lampo della commissione territoriale sulla domande d’asilo è arrivata in meno di 24 ore, all’indomani delle audizioni in videoconferenza. Ora le persone migranti, egiziani e bangladesi, cittadini provenienti da paesi considerati sicuri a cui possono essere applicate le procedure accelerate, avranno soltanto sette giorni, e non più quattordici com’era previsto prima del decreto Flussi e della legge di conversione, per presentare ricorso. Ciò significa che in meno di una settimana dovranno trovare un legale e, nella maggior parte dei casi, un mediatore per cercare giustizia.

La denuncia delle associazioni: «Assistenza legale impossibile»

Sui tempi (brevi) di presentazione del ricorso è intervenuto il Tavolo Asilo e Immigrazione (Tai), che è al terzo giorno della sua missione in Albania con i parlamentari del gruppo di contatto per il monitoraggio dei centri italo-albanesi. «Come faranno a nominare un/una avvocato/a di fiducia per fare il ricorso, visto che sono confinati fuori dall’Italia? – si chiedono le associazioni che compongono il Tavolo – Anche sotto questo profilo è eclatante la violazione del diritto di difesa e dunque una violazione della Costituzione». Per il Tai, inoltre, «le Commissioni operano chiaramente in continuità con la manifesta volontà dell’esecutivo di respingere i richiedenti asilo, in spregio al diritto internazionale, europeo e costituzionale». Il Tavolo denuncia, infatti, che «le persone non hanno potuto farsi assistere da un legale né sono state messe in grado di prepararsi per le audizioni con adeguata informazione legale». «Siamo di fronte – sottolinea – a una procedura di fatto illegittima per l’assenza delle tutele previste dalla normativa in vigore». Questo modello, aggiunge, «ha l’unico obiettivo di cancellare il diritto d’asilo e continuare a proporre una immagine negativa e criminalizzante di chi arriva sulle nostre coste».

Venerdì la decisione sul trattenimento

È invece atteso per domani, venerdì 31 gennaio, il pronunciamento dei giudici della Corte d’Appello di Roma sui trattenimenti. Restano, dunque, 43 le persone all’interno della struttura albanese, dopo il rientro in Italia di un altro vulnerabile. Si tratta del sesto migrante che viene riportato indietro dopo che nel giorno dell’arrivo a Shengjin, al termine dello screening sanitario a cui non ha fornito supporto l’Oim, cinque delle 49 persone a bordo del Cassiopea avevano fatto rientro in Italia. Solo con la decisione dei magistrati si capirà se le modifiche introdotte con la riscrittura del decreto sui «Paesi sicuri» produrranno gli effetti auspicati dal governo. O se, al contrario, si tratterà della terza liberazione collettiva, dopo quelle avvenute nei due trasferimenti di ottobre e novembre scorsi. Gli altri due precedenti viaggi nel paese del presidente Edi Rama si erano infatti conclusi con un flop per il governo Meloni: i giudici della sezione immigrazione del tribunale di Roma non avevano convalidato i trattenimenti dei migranti, eccependo che non provenissero da Paesi sicuri. Così, la decisione dell’esecutivo di trasferire le competenze alle Corti d’appello. Ma alcuni dei magistrati chiamati a decidere domani sono gli stessi della sezione immigrazione, spostati per far fronte all’aumentato carico di lavoro.

Foto copertina: ANSA / MALTON DIBRA | Un gruppo di migranti all’arrivo al porto di Shengjin, in Albania – 28 gennaio 2025

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