Massimo Sestini è tornato, il primo post dopo il malore nel lago: «Sono morto e risorto. Ecco a chi devo la vita»
«Sono morto e risorto». Quattro parole che riassumono l’esperienza vissuta da Massimo Sestini. Il fotoreporter italiano aveva accusato un grave malore durante un immersione nel lago di Lavarone, in provincia di Trento. Un problema agli erogatori dell’ossigeno aveva provocato il suo svenimento lo scorso 25 gennaio mentre si trovava sott’acqua. Rapidamente soccorso era stato rianimato e portato in ospedale a Trento. In coma farmacologico fino al 28 gennaio, ora si sta riprendendo. In una lettera, il vincitore del premio World Press Photo 2015 racconta gli attimi vissuti nell’acqua gelida del Lavarone e ringrazia i soccorritori e la loro prontezza di riflessi.
Massimo Sestini: «Ho visto la morte in faccia due volte»
«Sono tornato. Dopo un viaggio di andata e ritorno che mi ha fatto vedere la morte in faccia due volte, oggi sono uscito dalla rianimazione e le mie condizioni sono decisamente migliorate. Il motto di nave Vespucci, “non chi comincia ma quel che persevera”, mi ha dato tanta forza in questo momento. È proprio la perseveranza che mi sta aiutando a superare questa prova, giorno dopo giorno», scrive Sestini in un post su Instagram. «Mi sento un privilegiato, perché ho una nuova vita. Per questo un grazie speciale va a chi mi ha salvato: prima il nucleo sub della Guardia Costiera, e poi la splendida equipe del reparto di terapia intensiva dell’ospedale Santa Chiara di Trento. Infine un grazie di cuore va a tutti voi per le parole di affetto e sostegno. Siete stati moltissimi e, come ha detto la mia amica Livia Frescobaldi, l’enorme tributo di solidarietà che ho ricevuto, normalmente, si dà soltanto a chi muore».
L’immersione andata male e il coma di Massimo Sestini
«Posso rivolgermi di nuovo a voi e tutti grazie alla prontezza e alla capacità professionale di un istruttore sub che mi è venuto a ripescare, nel lago ghiacciato di Lavarone, non avendomi visto riemergere», scrive Sestini in un messaggio dall’ospedale. «Ero lì, come sempre, per il mio lavoro – aggiunge – ossia informare attraverso le foto. Un lavoro che ho sempre svolto ovunque, spesso nelle condizioni più difficili: anche nell’aria e, appunto, nell’acqua». «Il pericolo è insito nella nostra professione. È andata bene. La prossima settimana spero di tornare a casa. Con queste poche righe scritte a fatica, di getto, voglio solo ringraziare tutti per la straordinaria dimostrazione d’affetto che si è riversata su di me». E conclude: «In attesa di rivedervi lasciate che, idealmente, vi abbracci».