Ucraina, i soldati nordcoreani si ritirano dal fronte russo nel Kursk: «Perdite troppo gravi, contingente dimezzato»
Sono ormai due settimane che dei soldati nordcoreani nella regione russa del Kursk, dove è ancora in corso l’incursione militare ucraina, non c’è più traccia. Secondo il New York Times, infatti, il contingente asiatico è stato ritirato dalla prima linea dopo le gravissime perdite subite negli ultimi mesi. Erano arrivati a inizio novembre direttamente da Pyongyang per volontà di Kim Jong-un, presidente della Corea del Nord. Una sorta di omaggio di 12mila uomini al Cremlino, e al suo inquilino Vladimir Putin, per sostenere i suoi sforzi bellici. Di quei 12mila soldati, però, secondo Kiev ne sarebbe rimasta solo la metà. Non si esclude, però, che il ritiro sia il preludio di una nuova ondata. Magari dopo qualche settimana di addestramento, che renda gli uomini più pronti ad affrontare il fuoco ucraino.
Le stime di Kiev e la “strategia” bellica russa
«Carne da macello», un’espressone che più volte il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha usato per riferirsi ai militari nordcoreani. Le stime, per quanto parziali e corrette al ribasso da un rapporto della Corea del Sud, parlano da sole: «Il contingente si è dimezzato», ha sostenuto il generale Oleksandr Syrsky, comandante militare più alto in grado dell’esercito ucraino. Non per codardia – anzi i soldati di Kiev riconoscono «grande valore» – ma per un addestramento carente e per una completa assenza di coesione con le unità russe. In poche parole, secondo l’intelligence americana, i nordcoreani sono usati come “scudi umani”. Vengono inviati, con pochi mezzi blindati a sostegno, attraverso campi minati e direttamente verso le prime linee ucraine. E sono lasciati lì a loro stessi.