L’ultima mossa di Trump contro il green: il cambiamento climatico scompare dai siti web del governo
Il presidente degli Usa Donald Trump ha ordinato al dipartimento per l’Agricoltura di eliminare le pagine web che fanno riferimento o trattano della crisi climatica. L’ordine emanato giovedì sembra già essere stato recepito da diverse agenzie ed enti. Ad esempio il servizio Forestale, che non ha più una pagina, presente fino a pochi giorni fa, che indichi come valutare il rischio di incendi in una determinata zona. Se si prova ad accedervi, si ottiene un messaggio d’errore: «Non sei autorizzato a vedere questa pagina».
L’ordine di Trump
Le modifiche al sito web del servizio forestale hanno seguito una direttiva emessa dall’ufficio delle comunicazioni del Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti. Nel promemoria, che è stato esaminato dal Guardian, viene trasmesso ai gestori dei siti web di «identificare e archiviare o non pubblicare alcuna pagina web che pone l’attenzione sul cambiamento climatico». Il messaggio indicava come data scadenza massima la serata di venerdì, e richiedeva che venisse fornito un elenco delle pagine interessate e delle modifiche messe in atto.
I siti che non possono dare informazioni sul clima
Altri siti coinvolti sono il Climate Change Resource Center, che anche mentre viene scritto questo articolo mostra un messaggio d’errore anziché la pagina originale e il Climate Action Tracker, che è invece tornato online. Trump non ha fatto mistero di voler ignorare gli allarmi degli scienziati, preferendo continuare a estrarre combustibili fossili nonostante i danni conclamati causati dalle loro emissioni. Emblematica delle intenzioni del presidente repubblicano è la volontà di voler uscire dall’Accordo di Parigi, con cui gli Usa e altre 193 nazioni si sono impegnate a mantenere l’aumento della temperatura terrestre «ben al di sotto» dei di 2°C rispetto ai livelli preindustriali.
Immagine di copertina: La pagina del Climate Change Resource Center sul sito web del Dipartimento dell’Agricoltura così come appare sabato 1 febbraio, dopo l’ordine di Trump