Il sacerdote perseguitato dalla parrocchiana 72enne: «Una squadra di preti per ripulire i social: un incubo»
«La mia vita è diventata un incubo: non vivo più, ho paura». A dirlo, tra le lacrime, è il prete 55enne vittima di stalking da anni da parte di una parrocchiana di 72 anni che lo ha seguito da Padova fino a Bologna e infine nel capoluogo ligure. La donna è accusata di «atti persecutori» e all’udienza di oggi – lunedì, 3 febbraio – è stato sentito anche l’arcivescovo di Genova Marco Tasca. Il parroco, vittima di persecuzioni dal 2015, ha raccontato nei dettagli quanto subisce da anni: «Hanno creato una squadra di preti per cancellare le cose che lei scriveva su Facebook», ha detto. Tutto è cominciato quando la 72enne ha confidato al prete di essere gravemente malata con solo 4 mesi di vista restanti, e gli ha così chiesto il numero di cellulare per una sorta di vicinanza spirituale nel momento del bisogno. Iniziano così i primi messaggi, che fin da subito appaiono ambigui.
«Ero costretto a nascondermi»
Il prete, secondo quanto ricostruito dalle autorità, respinge con fermezza ogni avance e chiede alla donna di fermarsi. Ma l’anziana, al contrario, diventa sempre più insistente. «Ero costretto a nascondermi – ha raccontato -. Non potevo sopportare tutto questo, mille chiamate sul telefono del convento. Sono stato costretto a cambiare numero di telefono. Ha creato finti profili Facebook dove scriveva che avevo abusato di donne e bambini come se fossero mie dichiarazioni». Per aiutarlo nel convento di San Francesco di Albaro, dove la donna lo ha seguito dopo il trasferimento del 2021, avevano anche installato un macchinario che bloccava le chiamate. «Ma ogni volta lei cambia numero e ricominciava. Ho avuto paura, la mia vita era in pericolo perché potevano mandarmi via dall’ordine».
«Non riesco ad uscire, non riesco ad entrare in contatto con la gente»
Il sacerdote riesce a ottenere il trasferimento a Bologna, ma la parrocchiana lo raggiunge anche lì e lo riempie, ancora una volta, di telefonate. A quel punto, tutto prende una piega diversa. La donna lo denuncia e lo accusa di averla violentata. Successivamente, l’accusa è stata archiviata perché considerata «falsa». «Ora non ho più fiducia nelle persone – ha detto ai giudici -. Non riesco ad uscire, non riesco ad entrare in contatto con la gente. Mi sentivo in colpa perché in ogni convento dove andavo c’erano disgrazie era come se le portassi dietro. Ho iniziato a stare male, ad avere attacchi di ansia. Si bloccava la gola e mi facevano le punture di cortisone. Quale sarà il suo prossimo passo visto che anche se aveva il divieto di avvicinarsi a me mi ha seguito in tutti i posti dove sono andato? Nel 2016 mi aveva detto che mi avrebbe distrutto». All’udienza di oggi ha anche testimoniato l’arcivescovo Tasca: «Ho sentito le notti il telefono che squillava e alla mattina mi spiegavano che era stata questa donna. Vedo il nostro confratello estremamente provato, si sente responsabile perché tutta questa vicenda coinvolge la nostra comunità». La parrocchiana è stata già condannata a Bologna per stalking e calunnia oltre che per la violazione del divieto di avvicinamento. La prossima udienza è prevista per il 17 febbraio.