Andrea Delogu e il racconto sulla depressione: «Soffocavo per non dire agli altri che stavo soffocando»
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Andrea Delogu aveva raccontato recentemente del suo percorso di terapia e della lotta contro la depressione. Oggi, tramite un post su Instragram, torna sull’argomento. Per sensibilizzare, invitando i suoi follower a un consiglio: «Andate da professionisti e professioniste, e se economicamente è troppo oneroso rivolgetevi alla ASL di competenza».
«La cosa più assurda è che erano 3 anni dove non avrei dovuto aver alcun motivo per sentirmi persa»
«Non so mai come iniziare a parlare di quest’argomento, la depressione, Zan Zan, perché ogni volta sembra “troppo delicato” o “fuori luogo”, ma ne ho parlato in un’intervista recentemente e credo stia girando a giudicare dai tantissimi messaggi che ricevo in merito. Non c’è niente di disdicevole a raccontare che per 3 anni della mia vita ho combattuto strenuamente, perché è stata una fatica devastante, contro la depressione. E la cosa più assurda è che erano 3 anni dove non avrei dovuto aver alcun motivo per sentirmi persa, buia, vuota, spenta, triste anche se triste è un eufemismi, sacrificabile a me stessa», spiega. «Tre anni dove lavoravo tantissimo – racconta Andrea Delogu – ero sposata ad un uomo che amavo e il mondo di cui volevo fare parte aveva cominciato ad accorgersi di me. È iniziato tutto piano piano, come un veleno che fa effetto da lontano. Ho capito che cosa fosse e che dovevo chiedere aiuto quando ho cominciato ad avere paura di stare da sola perché non mi fidavo di me, del mio buio, un buio che combattevo ogni singolo minuto e che mi faceva tornare sfinita a casa la sera e quando ero sfinita quel buio poteva avere la meglio e io non volevo, non potevo smettere di “fare” perché lui stava in agguato, pronto a soffocarmi nell’istante in cui mi fossi presa un attimo di silenzio. Silenzio».
«Soffocavo per non dire agli altri che stavo soffocando»
«Silenzio che non è esistito dentro di me per tutti quegli anni. È stato un tempo vissuto a metà perché in sottofondo c’era sempre quella voce che toglieva luce ad ogni conquista, ad ogni momento mio. Non ne parlai con nessuno per troppo tempo perché non avevo il coraggio di chiamarla per nome e poi perché mi sentivo in colpa nel dire che, ora che dovevo essere felice dopo tanta strada, gavetta, sudore, fatica, dopo tante difficoltà non lo ero. Soffocavo per non dire agli altri che stavo soffocando, pensate che stupida», scrive.
«È un pezzo di me, è mio dovere sapere che c’è, che non sparirà mai completamente, che io sono stata anche quello»
«Cominciai l’analisi quando mi trasferii in un appartamento all’ottavo piano e la prima cosa che mi chiesi fu se per sicurezza potevo bloccare tutte le finestre, una pazzia da pensare ora, ma me lo chiesi perché tenevo testa al buio ma non sapevo se ce l’avrei fatta sempre. Ci andai per un anno due volte a settimana (poi scesi ad una) aggrappandomi alla bravura del mio psicologo. Capì da dove era partito tutto, da che ferite, tante e da che silenzi. Ma capire non è “uscirne”. È durata 3 anni, dove dirvi che è stato facile sarebbe una bella cazzata ma ne è valsa così tanto la pena che sono felice quando penso alla strada che ho fatto», racconta Delogu. «Mi chiedete tutt* se ne sono fuori, sì, ne sono fuori da tanti tanti anni ma ho sempre uno sguardo verso quel buio intensissimo che è ridimensionato – spiega – quasi minuscolo, è innocuo ora, ma è sempre lì. È un pezzo di me, è mio dovere sapere che c’è, che non sparirà mai completamente, che io sono stata anche quello. Se ne esce sì, ma non si cancella mai e va bene così, perché sono questo anche grazie a quello, a quella guerra contro me stessa e ora è tutto una figata anche per quegli anni lì, per tanto altro ma anche per quegli anni. Quindi non abbiate paura di parlarne, è la vita, succede e quando succede non è colpa di nessuno. Chiedete aiuto, trovate un posto sicuro dove parlarne e fottetevene se sembra “strano” o “ingrato”, è la vita ed è vostra».