La Cina risponde a Trump: dazi al 15% su carbone e gas americani. L’Europa resta divisa: Parigi spinge per la linea dura, Bruxelles vuole il dialogo
La guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina entra nel vivo. Mentre Canada e Messico scelgono la via diplomatica per convincere Donald Trump a rinviare di un mese l’introduzione dei dazi, Pechino opta per la strategia opposta. Alle tariffe del 10% sulle importazioni dei prodotti made in China, entrate in vigore il 4 febbraio, il governo cinese ha risposto con un pacchetto di barriere doganali altrettanto significativo: dazi al 15% sul carbone e il gas naturale liquefatto (Gnl) estratti negli Stati Uniti e un’ulteriore tariffa del 10% su petrolio, attrezzature agricole e alcune automobili. Tutte queste aliquote entreranno in vigore il 10 febbraio e, spiega il ministero delle Finanze di Pechino, «sono state imposte per contrastare» i dazi imposti da Washington.
La risposta di Pechino ai dazi di Trump
In aggiunta ai contro-dazi sulle importazioni americane, il governo di Xi Jinping ha presentato un reclamo all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) «per difendere i suoi legittimi diritti e interessi». Secondo Pechino, la svolta protezionistica di Trump ha una «natura dolosa» e viola le regole del commercio internazionale. Per giustificare i nuovi dazi, l’amministrazione americana ha accusato la Cina di non aver fatto abbastanza per frenare il flusso dell’oppioide Fentanyl verso gli Stati Uniti, dove ogni anno muoiono circa 100mila persone proprio a causa della potente droga sintetica. Pechino respinge tutte queste accuse e replica dicendo che l’introduzione di nuovi dazi «non solo non aiuta a risolvere i propri problemi, ma interrompe anche la normale cooperazione economica e commerciale tra Cina e Stati Uniti».
La Borsa di Hong Kong chiude in positivo
Secondo alcuni media americani, Trump potrebbe parlare al telefono con Xi Jinping nei prossimi giorni, alimentando le attese nei mercati che i due leader riusciranno a trovare un accordo per rimuovere le barriere doganali. Le Borse cinesi restano chiuse per festività e torneranno agli scambi soltanto domani, 5 febbraio, dopo la lunga pausa legata al Capodanno lunare. Nel frattempo, la Borsa di Hong Kong ha chiuso la seduta guadagnando il 2,83%, nonostante l’annuncio dei contro-dazi da parte del governo cinese.
Al via l’indagine contro Google
Insieme all’annuncio dei dazi sulle importazioni dagli Stati Uniti, Pechino ha anche comunicato l’avvio di un’indagine dell’Antitrust nei confronti di Google. La multinazionale a stelle e strisce è accusata di aver violato le leggi anti-monopolio cinesi, ma la tempistica – quanto mai sospetta – fa pensare che si tratti di un annuncio legato a doppio filo alle tensioni commerciali tra Washington e Pechino. L’Amministrazione statale per la regolamentazione del mercato cinese ha anche annunciato che avrebbe aggiunto il gruppo di moda americano Pvh – titolare dei brand Tommy Hilfiger e Calvin Klein – e il gigante biotech Illumina nell’elenco delle cosiddette «entità inaffidabili». La mossa, ha spiegato il ministro del Commercio cinese, punta a «tutelare la sovranità nazionale, la sicurezza e gli interessi di sviluppo, in conformità con le leggi pertinenti».
L’Europa spera nella soluzione diplomatica: «Negoziamo con Trump»
Mentre la Cina opta per la linea dura, ancora non è chiaro come risponderà l’Europa agli eventuali dazi di Trump. Il presidente americano ha assicurato che introdurrà «molto presto» nuove barriere doganali contro le importazioni dal Vecchio Continente. Una minaccia di fronte alla quale i leader europei sembrano muoversi ancora in ordine sparso. «Saremo pronti a negoziati difficili e a trovare soluzioni dove possibile, risolvere controversie e gettare le basi per un partenariato più forte. Saremo aperti e pragmatici», ha assicurato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. Più diretto Maros Sefcovic, commissario Ue al Commercio, secondo cui «il deficit degli Stati Uniti nei confronti dell’Unione europea è di soli 50 miliardi». Di conseguenza, ha spiegato il politico slovacco, «possiamo risolvere questo problema attraverso un impegno e una discussione costruttivi». Secondo alcune indiscrezioni, l’Unione europea sarebbe pronta a impegnarsi nell’acquisto di più armi e gas naturale liquefatto dagli Stati Uniti pur di scongiurare l’introduzione di nuovi dazi. Non è detto, però, che sia sufficiente per far desistere Donald Trump. «Se saremo colpiti in modo ingiusto o arbitrario, risponderemo con fermezza», ha precisato Sefcovic.
La Francia spinge per la linea dura, il Regno Unito si sfila
A spingere per una risposta ferma e determinata dell’Europa è soprattutto la Francia. Già ieri, il presidente Emmanuel Macron aveva invitato Bruxelles a «farsi rispettare». Oggi, sono i suoi ministri al Commercio e all’Industria – Laurent Saint-Martin e Marc Ferracci – a ribadire il concetto: «Non dobbiamo entrare in una trattativa facendo delle concessioni, non è l’approccio giusto», hanno detto i due ministri a margine del vertice Ue sulla competitività a Varsavia. «Crediamo – hanno aggiunto – nella cooperazione e nel nostro sistema multilaterale, ma non dobbiamo essere ingenui e dobbiamo prepararci al peggio. Vale a dire ritorsione, se necessario». La linea di Parigi non sembra convincere tutti i leader europei. Il più scettico è il premier britannico Keir Starmer, invitato per la prima volta dalla Brexit a un Consiglio europeo allargato. Al vertice di ieri a Bruxelles, il primo ministro laburista ha confermato l’impegno a «resettare» le relazioni con l’Unione europea ma anche precisato che il Regno Unito non sosterrà l’Ue su eventuali ritorsioni commerciali contro i dazi di Trump.
Il governo italiano punta al ruolo di mediatore tra Ue e Usa
A mediare tra tutte queste posizioni potrebbe essere proprio l’Italia. In un’intervista al Corriere della Sera, il vicepremier Antonio Tajani ha assicurato che il governo «si impegnerà per fare da ponte tra Usa ed Europa ed evitare i dazi». Ma se questo sforzo non dovesse bastare, e Trump introducesse davvero le barriere doganali, «non ci faremo cogliere impreparati: siamo già al lavoro per trovare soluzioni che non mandino in crisi le nostre aziende e il benessere dei nostri cittadini», promette il titolare della Farnesina. Per Tajani «una guerra non serve a nessuno». D’altronde, fa notare il leader di Forza Italia, «nessun’altra economia al mondo è integrata come quella Usa-Ue. Le aziende europee negli Usa impiegano 3,5 milioni di americani».
Foto copertina: EPA/Chris Kleponis | Il presidente americano Donald Trump firma un ordine esecutivo nello Studio Ovale alla Casa Bianca, 3 febbraio 2025