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Sanremo 2025, anche quest’anno si parla (quasi) solo d’amore: i testi innocui di Tony Effe e Fedez, le eccezioni Willie Peyote, Rocco Hunt e Lucio Corsi

04 Febbraio 2025 - 13:28 Gabriele Fazio
festival sanremo 2025 testi canzoni temi argomenti
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A ridosso della 75esima edizione, sono usciti i testi di tutti i brani in gara. Versi morbidi anche per i favoriti Giorgia, Achille Lauro e Olly

Carlo Conti ci aveva ampiamente preparati, la stampa nazionale al termine dei preascolti l’aveva ampiamente confermato: le 30, ormai 29, canzoni in gara alla 75esima edizione del Festival della Canzone Italiana di Sanremo, sono quasi tutte del tutto innocue. Conti lo aveva anticipato a Pezzi, il podcast curato da tre decani del giornalismo musicale italiano, Andrea Laffranchi, Paolo Giordano e Luca Dondoni: «Si torna a cantare di famiglia e rapporti personali», e ancora «quello che è arrivato dai cantautori non è più un macromondo, cioè non vanno a parlare dell’immigrazione o della guerra, ma si ritorna un po’ a parlare del micromondo, della famiglia, dei rapporti personali» il tutto detto con una malcelata soddisfazione che ha fatto storcere il naso a molti. Tanto che lo stesso Conti nei giorni successivi si è trovato costretto ad aggiustare il tiro e per «aggiustare il tiro» intendiamo che in pratica ha dichiarato: «Avete frainteso». Questo perché immigrazione e guerra sono temi centrali e sembra molto strano che la musica di oggi, perlomeno quella scelta da Conti per il suo Festival, li ignori completamente. Oggi che l’Italia, come da tradizione, ha in mano tutti i testi delle canzoni dei big di Sanremo, ultimo passo verso l’apertura del sipario del Teatro Ariston, pubblicati da Tv, Sorrisi e Canzoni, ci rendiamo conto che no, non avevamo frainteso. Quelle tematiche, così centrali nella nostra attualità, in effetti non sono state nemmeno sfiorate e le canzoni in gara al Festival, valide o meno – alcune molto valide, molte molto molto meno – non risulteranno disturbanti per nessuno. Ma, cosa forse ancor più grave, sono canzoni che, dribblando agilmente tematiche attuali scomode, non raccontano niente del tempo che stiamo vivendo.

I testi che accennano all’attualità

Quando a Carlo Conti verrà portato il conto e durante la settimana del Festival probabilmente sarà costretto a tornare sull’argomento, l’unica carta che si potrà giocare è Grazie ma no grazie, il brano di Willie Peyote, l’unico che ci riporta con il testo al tempo presente grazie a quei versi: «Dovresti andare a lavorare e non farti manganellare / Nelle piazze, grazie ma no grazie / E questa gente non fa un cazzo Ii mantengo tutti io / Con le mie tasse, grazie ma no grazie». Se parliamo di sociale, da citare anche il pezzo portato in gara da Rocco Hunt, Mille vote ancora, che nonostante le vesti da hit, affronta molto bene un tema spinoso che sta a cuore a tutti coloro i quali sono costretti a lasciare la propria terra per realizzarsi altrove: «Mi dicevano tu non sarai mai nessuno / E ora non mi ricordo più, com’è l’odore del caffè / Quelle canzoni che mamma ascoltava alla radio / Giocavamo in quartiere sembrava uno stadio / Non è stata domenica mai più / Da quando sono andato via da casa mia, / Rimpiango anche le cose che odiavo / Le stesse che mi hanno fatto andare via / L’erba cresce in un campetto abbandonato / Colpa dei telefoni non ci hanno più giocato». Ci si aspettava forse qualcosa in più dal rap di Tormento, Guè e Joshua, il trio hip hop che accompagna il producer Shablo, ma la loro «street song» La mia parola, seppur gradevole, seppur da noi individuata come tra le canzoni che potrebbero andare molto meglio di quanto ci aspettiamo, di «street» non ha questo granché.

Tony Effe e Fedez

Per il resto tanto ammmore, che nasce, che finisce, verso mamme, figlie, fratelli… ma niente che si possa dire davvero pungente. Pure quel cattivone di trapper di Tony Effe, che davanti al proprio pubblico di ultraminorenni fa i muscolacci da duro e puro, sul palco più scottante della stagione musicale italiana, quando a guardarlo c’è un paese intero, si rintana in uno stornello romano (Damme ‘na mano) nel quale tra l’altro, proprio lui, additato come il manifesto musicale della misoginia all’italiana, viene menato dalla donna protagonista della canzone: «A te piace sbagliare farmi del male / Mi alzi le mani / Poi ti vuoi scusare / E so che perderò questo gioco». Inutile negare che dopo le vicende degli ultimi giorni, il testo più cercato dagli appassionati di Sanremo è di sicuro Battito, quello di Fedez, per capire se ci sono riferimenti alla ex moglie, alla ex amante o chissà quale altra donna della sua vita. In realtà, come ha raccontato, seppur a monosillabi, a Sarà Sanremo, secondo quanto raccontato da Fabrizio Corona una manciata di minuti dopo aver tentato il suicidio, il testo parla della depressione raccontata come se fosse una donna, per lanciare messaggi ben poco subliminali. Tanto ci sarà Bella stronza il venerdì, sia mai che con lui si finisca a parlare esclusivamente di musica, manco fossimo al Festival di Sanremo.

Per il Premio della Critica

Leggere i testi ci comincia a dare anche serie indicazioni per quello che sarà il Premio della Critica, il più credibile dei risultati legati alla kermesse. Tre i favoriti, tre i testi nettamente più intensi degli altri e in questo senso non ci sono grandi sorprese. Parliamo di Brunori SaS, di Simone Cristicchi e di Lucio Corsi. Dario Brunori – così all’anagrafe – per il suo debutto, per molti decisamente tardivo, all’Ariston sceglie L’albero delle noci e la poesia alla quale ci ha abituati, per l’occasione dedicata alla figlia, quella poesia che l’ha portato ad essere considerato il cantautore di riferimento per un’intera generazione: «Come si può cadere in basso / Da una distanza siderale / Sono passati veloci questi anni feroci / E nel mio cuore di padre il desiderio adesso è chiuso a chiave». Sicuramente la sfida (si fa per dire) che spaccherà in due la Sala Stampa sarà con Simone Cristicchi e la tenerissima canzone dedicata alla madre, una roba che straccia il cuore, che non lascia scampo: «Quando sarai piccola ti aiuterò a capire chi sei / Ti starò vicino come non ho fatto mai / Rallenteremo il passo se camminerò veloce / Parlerò al posto tuo se ti si ferma la voce / Giocheremo a ricordare quanti figli hai / Che sei nata il 20 marzo del ’46 / Se ti chiederai il perché di quell’anello al dito / Ti dirò di mio padre ovvero tuo marito». Attenzione però a Lucio Corsi, il cantautorato intellettuale che avanza da questa giungla di hit spudorate, armato di un pezzo contro il bullismo, che celebra meravigliosamente bene la nostra umana fragilità: «Quanto è duro il mondo / Per quelli normali / Che hanno poco amore intorno / O troppo sole negli occhiali / Volevo essere un duro / Che non gli importa del futuro no / Un robot / Medaglia d’oro di sputo».

I favoriti

Al netto di sorprese improvvise e meccanismi social e televisivi legati a tutt’altro che la musica che potrebbero variare il peso sulla bilancia delle votazioni, anche il Festival targato 2025 ha dei favoriti. Occhi puntati su Giorgia, Achille Lauro e Olly. La prima si presenta con La cura per me, il cui testo è firmato (tra gli altri) da Blanco. Una canzone che si tiene in linea con il romanticismo tipico sanremese concentrandosi, lo spiega la stessa Giorgia, su come una donna vive i propri sentimenti: «Dentro la mano una carezza sul viso / Senz’anima questo sorriso / Che hai cercato, che hai cercato / Più ti avvicini e più io mi allontano / E i ricordi se ne vanno piano / Su e giù come un ascensore / Ogni mia stupida emozione». Amore, stavolta finito, per il giovane Olly, sotto scacco per questa sua Balorda nostalgia, che dal punto di vista del testo però non ci dice in tutta onestà niente che non abbiamo già sentito mille volte: «Vorrei / Tornare a quando / Ci bastava / Ridere, piangere, fare l’amore / E poi stare in silenzio per ore / Fino ad addormentarci sul divano / Con il telecomando in mano / Non so più come fare senza te / Te che mi fai, vivere e dimenticare, / Tu che mentre cucini ti metti a cantare / E tu chiamala se vuoi la fine / Ma come te lo devo dire / Sta vita non è vita senza te». Achille Lauro invece in Incoscienti giovani utilizza l’amore per salvare due ragazzi della periferia romana, che nel loro sentimento cercano e trovano una via d’uscita: «A dirsi mai una vita come i tuoi / Sì piuttosto disperati come noi / Amore mio veramente / Se non mi ami muoio giovane / Ti chiamerò da un autogrill / Tra cento vite o giù di lì / Di amore muori veramente / Se non ti amo fallo tu per me / Ti cercherò in un vecchio film / Per sempre noi incoscienti giovani».

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