Dazi, l’ex commissaria Ue Malmström a Open: «Trump è un bullo, e i dazi li metterà anche a noi. L’Europa dialoghi, ma non accetti ricatti»
L’Europa stringe i denti e si prepara ai dazi annunciati da Donald Trump. Dopo Canada, Messico e Cina, potrebbe essere proprio il Vecchio Continente il prossimo bersaglio della guerra commerciale scatenata da Washington. Per l’Europa, in realtà, si tratterebbe di una sorta di tuffo nel passato. Nel 2018, durante la sua prima esperienza alla Casa Bianca, Trump impose dazi su acciaio e alluminio europei, mentre l’anno successivo le tariffe colpirono anche diversi prodotti dell’agroalimentare. In quel momento a guidare la risposta di Bruxelles – che reagì tassando le importazioni di whiskey, Harley Davidson, jeans e non solo – c’era Cecilia Malmström, commissaria europea al Commercio dal 2014 al 2019, oggi senior fellow del Peterson Institute for International Economics. Cosa accadrà questa volta? «Credo proprio che i dazi arriveranno. L’Europa cerchi il dialogo ma non da una posizione di ricatto», avverte l’ex politica svedese in questa intervista a Open.
Nel 2018, quando Trump approvò i primi dazi contro l’Europa, era lei la commissaria europea al Commercio. Che somiglianze vede con ciò che sta accadendo oggi?
«Trump crede ancora che i dazi siano una buona cosa. E questo, fondamentalmente, non lo crede nessun altro al mondo. Pensa ancora che ci sia una sorta di ingiustizia legata al nostro commercio perché gli americani comprano più da noi di quanto noi compriamo da loro, ma è così che funziona. Si chiama economia di mercato».
E che differenze vede rispetto ad allora?
«La differenza è che questa volta lui ha esperienza, ha una maggioranza più ampia ed è circondato da persone più qualificate. Inoltre, non ha bisogno di passare attraverso il Congresso, perché può agire con ordini esecutivi. Sta mescolando in modo molto aggressivo i dazi con la sicurezza, le leggi sulla tecnologia, la Groenlandia, l’Ucraina, le armi. Questa è una cosa che non avevamo mai visto prima».
Trump imporrà davvero i dazi all’Europa o si troverà un accordo, come accaduto con Canada e Messico?
«Penso che i dazi sull’Europa arriveranno, come ha annunciato durante tutta la sua campagna elettorale e da quando si è insediato. Lui crede, sbagliando, che sia in atto una grande ingiustizia perché c’è un deficit commerciale sui beni scambiati con l’Europa. Nella sua testa, i dazi sono l’unica soluzione e li usa come un bullo, per spingere gli altri Paesi a fare ogni genere di cose. Ora proverà a farlo anche con l’Ue, ma è importante resistere».
L’Ue sembra disposta ad acquistare più gas naturale e armi dagli Stati Uniti pur di evitare nuovi dazi. È una buona soluzione?
«Penso che bisognerà essere molto risoluti. Lui è un bullo e non può dettare regole costringendo l’Europa a fare ogni genere di cosa e minacciando dazi. Ci deve essere una reazione a tutto questo».
E cosa dovrebbe prevedere questa reazione?
«I contro-dazi non sono lo strumento ideale. Ma, se necessario, dobbiamo usarli. Poi ci sono altri strumenti di difesa commerciale che possiamo sfruttare, a partire dall’Ipi, lo Strumento europeo per gli appalti internazionali (International procurement instrument – ndr). Detto questo, ovviamente dovremo sederci a dialogare, magari anche acquistando più armi e più gas dagli Stati Uniti. La cosa importante, però, è non farlo in una situazione di ricatto».
I leader europei sembrano divisi su come rispondere agli eventuali dazi di Trump. La Francia spinge per una risposta dura, mentre altri Paesi, a partire dall’Italia, chiedono di puntare sul dialogo e sulla diplomazia. Come se ne esce?
«Penso che la posizione della Francia sia quella della maggioranza dei Paesi europei. Trump detesta apparire debole e cercherà di spingere, spingere e spingere. Non dobbiamo limitarci a obbedire e fare tutto ciò che chiede. Ci sono delle regole da seguire, molte delle quali sono state inventate proprio dagli americani. I dazi sono una cosa negativa e porteranno solo nuova inflazione e prezzi al consumo più alti, perciò dobbiamo essere molto risoluti nella nostra risposta. Non possiamo accettare il ricatto: o ci date la Groenlandia o vi mettiamo i dazi».
Giorgia Meloni vuole mediare tra Stati Uniti e Unione europea. Può essere una buona strategia o dev’essere Bruxelles a interfacciarsi direttamente con Washington?
«Ogni dialogo è sempre meglio della lotta. Se ci sono individui che pensano di poter raggiungere un risultato tramite il dialogo, penso che sia una buona cosa. Ma la cosa più importante per l’Unione Europea è restare unita. Se Trump dovesse imporre dazi a Germania, Danimarca e Portogallo, dobbiamo avere una risposta unitaria. Se alcuni leader ritengono di essere più inclini ad avere una relazione migliore, non solo Meloni, va bene. Ma la cosa importante è che parli per l’intera Unione europea. Non lasciamo che gli Stati Uniti ci dividano».
Pensa davvero che Trump potrebbe imporre dazi solo ad alcuni Paesi Ue?
«È possibile. D’altronde, ci ha provato anche l’ultima volta ma non ha avuto il tempo di farlo perché abbiamo stretto un accordo. Nella prima presidenza, aveva minacciato di imporre dazi sulle auto tedesche e sul vino francese».
Nel 2018, i dazi di Trump hanno preso di mira solo alcuni prodotti e settori industriali. Questa volta, invece, parla di dazi generalizzati su tutte le esportazioni verso gli Usa. Questo va contro le regole dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto)?
«Certamente. Immagino che l’Ue porterà la questione al Wto ed è giusto che lo faccia. Il problema è che lo abbiamo fatto anche l’ultima volta, insieme ad altri 10 Paesi, e il Wto ci ha dato ragione. Ma agli Stati Uniti non importa affatto del Wto e l’organo di appello non funziona. L’Unione europea è desiderosa di seguire le regole, ma gli Stati Uniti no, nemmeno sotto la presidenza Biden».
Quale consiglio si sente di dare all’attuale Commissione europea?
«Serve adottare una strategia e penso che lo stiano facendo. Per ora, stanno cercando di mantenere la calma, anche perché i dazi non ci sono ed è importante non farsi prendere dal panico. Se dovessero arrivare, dobbiamo certamente reagire, ma anche dimostrare che siamo pronti a sederci e parlare come persone civili. Detto questo, dobbiamo continuare a fare accordi commerciali, per esempio quello con il Mercosur, che è eccellente. C’è una vasta rete di Paesi amici che pensano davvero che il commercio sia una buona cosa, se lo fai secondo le regole internazionali. E poi c’è un’ultima cosa, molto importante, che resta da fare.
Quale?
«Indipendentemente da chi siede alla Casa Bianca, bisogna rimettere in ordine l’economia dell’Ue. Portiamo a termine tutte le riforme che ci siamo promessi di fare, diamo seguito al rapporto Draghi, al rapporto Letta, alla Bussola della competitività e a tutto quel programma. Assicuriamoci di rafforzare il mercato interno, perché è anche da lì che possiamo tornare a crescere e creare innovazione».
Foto copertina: EPA/Olivier Hoslet | L’ex commissaria europea al Commercio, Cecilia Malmstrom, durante una conferenza stampa a Bruxelles nel 2019