Guido Crosetto vuole un patto tra politica e giudici: «E si torni all’immunità parlamentare»
Un patto istituzionale tra i poteri per far cessare «la Guerra dei Trent’anni». E per rendere il governo più rapido ed efficiente. È la proposta del ministro della Difesa Guido Crosetto al Corriere della Sera. Nel colloquio con Paola Di Caro l’esponente del governo Meloni dice che nella magistratura ci sono «frange, pezzi di correnti che pensano che il potere legislativo ed esecutivo debbano essere sottoposti a una sorta di controllo e autorità morale che si sono auto-attribuiti, tenendo sotto scacco gli altri». Il caso Almasri «è un piccolo pezzo del puzzle, pur clamoroso. Non esiste automatismo nell’iscrivere sul registro degli indagati un premier, ministri, un sottosegretario! Esiste sempre la possibilità del magistrato di valutare i fatti come deve».
Il potere
«Questo è il punto, il vero “potere” che io temo, da parte dei magistrati: la capacità di distruggere la reputazione di una persona. Migliaia di cittadini sono sottoposti alla gogna di indagini, magari anche di condanne che poi, dopo anni, finiscono in assoluzioni. Nel mentre, la loro vita è stravolta. Non parlo di Berlusconi, ma di esponenti di tutti i governi, da Renzi a Mastella, da Calogero Mannino alla Boschi fino all’ex deputato del Pd Stefano Esposito. Chi paga per loro? Perché il magistrato che ha fatto svolgere 500 intercettazioni incostituzionali all’onorevole Esposito può alzarsi e sventolare la Costituzione all’inaugurazione dell’anno giudiziario e il giorno dopo ricominciare a violarla? Qui c’è un problema di responsabilità, non solo nei confronti di terzi, ma verso sé stessi e verso il ruolo fondamentale che dovrebbero svolgere in democrazia: la terzietà del giudice», si sfoga Crosetto.
L’immunità parlamentare
Sull’immunità parlamentare «lo dico io che non sono parlamentare e non ne usufruirei, ma se la nostra Costituzione è considerata “la più bella del mondo”, perché quella è l’unica parte che è stata cassata? Era uno dei capisaldi dell’equilibrio tra poteri. In tutte le nazioni chi esercita funzioni così delicate gode, finché dura il mandato, di una protezione». Mentre sulla separazione delle carriere «io mi preoccupo anche della possibilità che questa riforma possa creare “caste” ancora più chiuse e forti, come dice Marcello Pera. Il punto vero, però, è un altro: può un governo avere il potere di decidere in fretta, stando al passo con i tempi, sempre più rapidi, delle scelte? Lo fa Trump, ma anche autocrazie che oggi si muovono con disinvoltura e ci scavalcano. Possono decidere in un giorno, noi in tre anni».
I pieni poteri al governo
Crosetto non sta chiedendo pieni poteri al governo: «No, al contrario. Vorrei, che ogni potere avesse i suoi compiti e limiti. Non solo un esecutivo rapido, e pronto a decidere, ma un Parlamento non ridotto, come è da troppi anni, a fare il passacarte di decreti legge, bensì un organo “davvero” legislativo e di controllo. Negli Usa, il presidente può decidere su alcune materie, ma è sottoposto all’approvazione del Senato su molte altre. Chi si presenta davanti al Senato Usa — militare o industriale che sia — trema: deve dare testimonianza di verità. Lì c’è davvero la rappresentanza e la forza di un Paese. In Europa, per anni, ci siamo illusi che i nostri temi indirizzassero il mondo, impiccandoci a regole che sono già obsolete. Penso al cambiamento climatico. Intanto, gli altri se ne sono infischiati e sono andati avanti. La democrazia è fatta di decisioni, controlli, sanzioni, se serve. Non immobilismo».
Le spese militari
Infine, sulle spese militari: L’Italia è molto sotto il 2%. Alla fine, la Nato ci chiederà non meno del 2,5-3%». Dove li troviamo? «Lo dico da anni: quei fondi vanno scorporati dal patto di Stabilità. Se l’Europa non fa nemmeno questo, oltre a modernizzarsi e sveltire i suoi processi decisionali, è destinata a un declino precipitoso. Alla totale irrilevanza». L’Italia ha un rapporto privilegiato con gli Usa: è possibile che tratti da sola? «È sempre stato così. Mai visto i francesi muoversi per interessi comuni su industria, politica estera, etc. Ognuno tratta per sé sulle cose che contano e, poi, tutti insieme, decidiamo i tappi di plastica per le bottiglie… Oggi, muoversi insieme in alcuni settori (la difesa per esempio) è l’unica strada che abbiamo. Serve pragmatismo e velocità per rispondere alle sfide di Trump e delle autocrazie. Oggi vedo pronte solo Meloni e, in parte, Ursula von der Leyen. Ma tutta la Ue, tutti noi, non possiamo più perdere tempo».