Monfalcone, a scuola le ragazze col niqab identificate ogni mattina. Protesta il Pd: «Inaccettabile»
![](https://static.open.online/wp-content/uploads/2025/02/NIQAB.jpeg)
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Da mesi, ogni giorno le studentesse dell’Istituto Pertini di Monfalcone (Gorizia) che indossano il niqab vengono identificate prima di entrare a scuola. All’inizio dell’anno erano cinque, ma una si è ritirata. Arrivate all’istituto per «i servizi della Sanità e l’Assitenza sociale» vanno con una professoressa in un’aula del piano terra, e lì si sollevano il velo integrale che lascia scoperti solo gli occhi per provare la loro identità. Una pratiche che nell’istituto friulano è ormai la normalità, tanto che molti dei compagni delle ragazze non hanno mai menzionato la pratica ai loro genitori.
Il velo che lascia scoperti solo gli occhi
Le studentesse che indossano il niqab in classe sono un ridotta minoranza. Mentre è nutrita la comunità musulmana di Monfalcone. Il 25% dei residenti del Comune è di religione islamica, il 30% è straniero. Molti di quelli che vi si sono trasferiti lavorano nei cantieri, come i padri delle ragazze, originari del Bangladesh. Per questo sono molte le studentesse con il velo, ma le quattro che ogni mattina si sottopongono al rituale dell’identificazione sono le uniche a indossarne uno praticamente integrale, fatti salvi gli occhi.
Le soluzioni della scuola per le ragazze col niqab
Da qui la scelta di lasciare che lo indossino, ma con delle contromisure. «Il ragionamento ci ha portato a ritenere che imporre può indurre le ragazze a lasciare la scuola, mentre l’istituzione raggiunge il suo scopo quando l’allievo consegue i cinque anni di studio. Di qui la necessità di ricreare tranquillità e fiducia per far sentire a casa le giovani e capire se il lavoro di insegnanti e compagni possa portarle a essere più libere», spiega la preside Carmela Piraino citata dal Corriere della Sera. E quella dell’identificazione, che è obbligatoria per legge, non è l’unica sfida che i docenti del Pertini hanno dovuto affrontare. Per le ragazze è stato necessario ripensare l’educazione motoria, dato che la religione impedisce loro di mostrare il corpo. La scelta è ricaduta sul badminton. Complicato anche il percorso del Pcto, l’attività fuori da scuola.
Il caso politico
La questione è diventata un caso politico. L’ex sindaca leghista di Monfalcone, Anna Maria Cisint – oggi europarlamentare, già ostile nei confronti della comunità musulmana – e il gruppo regionale della Lega hanno annunciato una legge regionale per vietare il Niqab nei luoghi pubblici. Il velo va tolto anche secondo il Pd, che oltre al problema della riconoscibilità solleva quello dell’integrazione. Il niqab è «un ostacolo al processo di integrazione, perché si mette in discussione il ruolo della donna e, a scuola, il lavoro dei docenti», spiega Diego Moretti, capogruppo dem in Friuli Venezia Giulia. Il segretario della Lega Matteo Salvini appoggia la misura: «È inaccettabile che una scuola sia costretta ad adattare i propri regolamenti per sottostare a culture in compatibili con i nostri valori. Avanti con la proposta della Lega».
Come fare in regione
La proposta di legge prevede due anni di reclusione e la privazione del diritto alla cittadinanza per coloro che indossano niqab e burqa nei luoghi pubblici. Intanto, la dirigente dell’ufficio scolastico regionale del Friuli Venezia Giulia, Daniela Beltrame, ha scritto al ministro dell’Istruzione Giuseppe Valditara, per sapere come comportarsi. «La questione non è soltanto di Monfalcone e manca una disciplina specifica per la scuola: non è soltanto questione di ordine pubblico ma di adempiere all’obbligo formativo per queste ragazze».