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Trump insiste su Gaza: «Israele la consegnerà a noi dopo la guerra». Media Usa: «Netanyahu prepara piano per lo sfollamento volontario»

06 Febbraio 2025 - 15:50 Anna Clarissa Mendi
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Il presidente Usa rilancia il controverso piano per il futuro dell'enclave palestinese: «Così non avremmo bisogno di soldati», ha detto

Sulla Striscia di Gaza «non serviranno soldati statunitensi» anche perché l’enclave palestinese «verrebbe consegnata da Israele agli Stati Uniti» dopo la fine dei combattimenti. Dal suo social Truth, Donald Trump insiste sul controverso piano per il futuro dell’enclave, che vede il ricollocamento di massa dei palestinesi in altri Paesi. «Persone come Chuck Schumer (ex leader del Senato degli Stati Uniti, che ha contestato più volte il governo israeliano, ndr) sarebbero reinsediati in comunità molto più sicure e belle, con case nuove e moderne, nella regione. Avrebbero davvero la possibilità di essere felici, sicuri e liberi», si legge ancora nel post del presidente Usa. La proposta, lanciata «a sorpresa» ieri, sottolinea il New York Times, durante il vertice con Benjamin Netanyahu che ha suscitato lo sdegno dei leader di quasi tutto il mondo, prevede che gli Stati Uniti lavorino «con grandi team di sviluppo provenienti da tutto il mondo: inizierebbero – scrive Trump –  la costruzione di quello che diventerebbe uno dei più grandi e spettacolari sviluppi del genere sulla Terra. Gli Usa non avrebbero bisogno di soldati! La stabilità della regione regnerebbe!». Il ministro della Difesa israeliano, Israel Katz, scrive il Washington Post, ha nel frattempo ordinato all’Idf di preparare un piano per consentire la «partenza volontaria della popolazione di Gaza», in seguito alle dichiarazioni di Trump. «Alla popolazione di Gaza deve essere consentito di godere della libertà di movimento e della libertà di immigrare», ha affermato Katz. Intanto, verrà avanzata una proposta per la ricostruzione di una «Gaza smilitarizzata», nell’era successiva ad Hamas, «un progetto che richiederà molti anni per essere completato».

Nei piani del commander-chief, la Striscia avrebbe tutte le carte in regola per diventare la «Riviera del Medio Oriente», ha precisato ieri in conferenza stampa. Ma erano giorni che Trump parlava di un ricollocamento di massa forzato dei palestinese in altri Paesi. «Gaza è un inferno, nessuno ci vuole vivere. I palestinesi adorerebbero andarsene», aveva detto nello Studio Ovale prima dell’incontro con Netanyahu. Sempre ieri, la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, ha parzialmente corretto il tiro, così come ha fatto il segretario di Stato Marco Rubio, sostenendo che le parole del tycoon dovevano intendersi come un ricollocamento «temporaneo». Sta di fatto che nessun presidente americano aveva mai pensato di risolvere il conflitto israelo-palestinese prendendo il controllo di Gaza e sfrattandone la popolazione per un periodo o per sempre. Anche perché il progetto di trasferire gli 1,7 milioni di civili che vivono a Gaza violerebbe anche la Convenzione di Ginevra sui diritti umani che gli Stati Uniti hanno sottoscritto.

Il coro di no al piano di Trump

Con l’eccezione di Israele, che ha anche annunciato che seguirà la decisione degli Stati Uniti e si ritirerà dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu, tutti gli altri Stati mediorientali hanno bocciato senza mezzi termini il piano di Trump. Anche l’Ue, tramite il portavoce della Commissione europea Anouar El Anouni, ha detto di aver «preso nota» dei commenti del presidente Usa. «L’Ue rimane pienamente impegnata nella soluzione dei due Stati, che riteniamo sia l’unica via per una pace a lungo termine sia per gli israeliani che per i palestinesi. Gaza – continua – è parte integrante di un futuro stato palestinese, è una parte essenziale della futura politica» di tale Stato e «non ci dovrebbero essere ulteriori spostamenti forzati di palestinesi», conclude. Dal canto suo, Hamas – che chiede una «riunione urgente» dei Paesi arabi – ha invitato tutte le fazioni palestinesi a unirsi contro la proposta di Trump di sfollare i palestinesi da Gaza.

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