Il fidanzato di Sharon Verzeni: «Con lei sono morto anche io, ora vivo con i suoi genitori. Moussa Sangare? Merita l’ergastolo»
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Sono passati poco più di sei mesi da quando Sharon Verzeni è stata accoltellata a morte a Terno d’Isola, nel Bergamasco, durante una passeggiata notturna a fine luglio. Da quel momento per il compagno Sergio Ruocco è iniziato un incubo da cui non vede fine. E se prima c’erano da allontanare i sospetti, non solo degli investigatori ma anche dei concittadini, in quanto persona più vicina alla vittima, ora c’è da provare a riempire un vuoto che non è solo assenza, ma piuttosto un baratro. «In questi sei mesi è come se fossi morto anch’io», dice a Maddalena Berbenni sul Corriere della Sera. La giornalista racconta i tremori, le lacrime, i dolori di un uomo che inizialmente era nella lista dei sospettati per la morte della compagna. «I primi giorni è stato bruttissimo, non riuscivo a capire. Poi mi sono reso conto che era “nomale” che ci fossero quei sospetti su di me, perché spesso, purtroppo, l’assassino è il compagno o il marito. La cosa più devastante è stata scoprire solo alle 16 del giorno dopo che era morta», ricorda Ruocco, che aveva comprato l’anello per farle la proposta di matrimonio: «L’anello è a casa, glielo avrei dato in Grecia ad agosto, invece…».
La casa dei genitori di Sharon Verzeni
Ruocco, idraulico di 38 anni, fa fatica a tornare nella casa di Terno d’Isola dove viveva con la compagna. È troppo presto, fa capire che non si fida di se stesso. Intanto è stato accolto dai genitori di lei, quelli che sarebbero diventati i suoi suoceri, e dorme nella stanza della compagna, con la sua foto sul comodino. «La mia vita è cambiata totalmente e non riesco a trovare un senso. Mi sveglio la mattina e aspetto che la giornata finisca per andare a letto. Non ho più motivi per vivere, aspetto solo che i giorni passino. Magari in futuro le cose cambieranno, ma non so quando sarà questo futuro, se tra 10 o 30 anni. Nessuno può capire cosa proviamo, è qualcosa che nessuno si merita», ammette senza reticenze, sottolineando che il legame con la famiglia di lei gli sta permettendo di trovare le energie per andare avanti, «avevo pensato di tornare a Terno a gennaio, ma poi, dopo le feste, la mia situazione forse è persino peggiorata e non è il momento di tornare a vivere da solo. L’unica cosa, se non altro, è che non sento più su di me i sospetti».
Il processo di Moussa Sangare
Dopo alcune settimane di indagini, gli investigatori erano riusciti a individuare e fermare l’uomo in bicicletta che le telecamere di sorveglianza avevano immortalato uscire dalla via dove Verzeni era stata accoltellata poco prima. Moussa Sangare, 31enne di origini maliane, aveva poi confessato di averla uccisa senza alcun motivo. Ora va a processo e rischia l’ergastolo. «Ci sarò. Mi aspetto giustizia, l’unica cosa che ci resta. Lei non la ritroveremo più», spiega Ruocco, «penso che dovrebbe passare in carcere fino all’ultimo giorno della sua vita. Ha fatto una cosa troppo grave, uccidere una persona senza una ragione. Non solo ha tolto la vita a lei, ma ha distrutto anche la mia, quella dei suoi genitori».
Foto di copertina: ANSA/MICHELE MARAVIGLIA