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Alberto Angela, le formiche in Congo, le sabbie mobili e gli 11 ricoveri: «Mio padre? Mi veniva a prendere senza dirmi nulla»

10 Febbraio 2025 - 06:50 Alba Romano
alberto angela piero angela
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Il conduttore: «Da bambino ero piuttosto irrequieto»

Alberto Angela torna in tv il 17 febbraio con Ulisse. Una puntata speciale dedicata ad Andrea Camilleri e al commissario Montalbano. Intanto è ripreso anche Passaggio a Nord Ovest. E oggi il conduttore parla con il Quotidiano Nazionale. Spiegando che una volta ha dovuto affrontare anche un’invasione di formiche: «Ero in Congo. Mi svegliai di notte. La tenda era stata avvolta da decine di migliaia di formiche legionarie, formiche molto grosse che si spostano in continuazione. Da una piccola apertura nella lampo della tenda erano entrate dentro e mi avevano ricoperto, soprattutto in testa. Uscii fuori camminando su un tappeto vivente di formiche, ma con molta circospezione, per accertarmi che in giro non ci fossero leoni o altri animali», dice a Piero Degli Antoni.

Ricoverato 11 volte

Angela dice che è stato ricoverato in ospedale 11 volte: «Da bambino ero piuttosto irrequieto. Una volta – avevo 5 anni e mezzo – caddi su un bambù tagliato a punta. Mi si conficcò nel collo a mezzo centimetro da vasi sanguigni importanti. In ospedale mi tennero fermi mani e piedi mentre mi ricucivano senza anestesia. Un’altra volta un’infermiera, vedendomi, si stupì: ‘Ti ho fatto l’antitetanica poche settimane fa, cosa ci fai ancora qui?’». I suoi genitori «ormai erano abituati. Al telefono mi chiedevano soltanto: ‘In che ospedale sei? Ti veniamo a prendere’». E questo perché «un genitore non deve mai dire ai figli cosa devono fare, ma solo quello che non devono fare. Non bisogna essere opprimenti per non perdere il contatto, ma senza diventare amici. Ne hai comunque la responsabilità. Stimolare la loro curiosità senza tarpargli le ali».

Le sabbie mobili

È finito anche nelle sabbie mobili: «A Mont Saint Michel, quando la marea si ritira, si formano zone di sabbie mobili. Girammo una scena per dimostrare come si può uscirne. Buona la prima: non c’era possibilità di replicare l’azione!». Per uscirne, spiega, «bisogna fare dei passi all’indietro, ruotando un poco il ginocchio. È come risalire una scala al contrario, creando gradini artificiali». E dice che non è vero che il padre lo rimproverasse dicendo che era troppo precisino: «Non è così. Lui era un giornalista, io un ricercatore, e quindi io sottolineavo l’aspetto scientifico. Avevamo due approcci diversi».

Infine, il rapporto con la musica: «Purtroppo quel talento ha saltato una generazione. Ho provato a suonare la chitarra, ma… Invece i miei figli sono bravi. Io ascolto qualsiasi genere di musica, mi piacciono le belle voci, i bei brani. Nelle mie trasmissioni la musica è molto importante, facciamo una ricerca accurata. Ad aprile avremo una puntata di Ulisse veramente particolare, direi quasi sperimentale, una specie di ibrido proprio con la musica».

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