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Samuel L. Jackson come lo zio Sam, la bandiera a pezzi e Kendrick Lamar che vince la sfida con Drake. Com’è andato lo show del Super Bowl 2025

10 Febbraio 2025 - 14:27 Gabriele Fazio
Kendrick Lamar halftime show Super Bowl 2025
Kendrick Lamar halftime show Super Bowl 2025
A tenere il filo della narrazione dell'halftime show del Super Bowl 2025 Samuel L. Jackson nei panni dello Zio Sam

13 minuti, tanto aveva a disposizione Kendrick Lamar, ma gli è bastato per offrire lo show che tutti si aspettavano da lui. Uno show che rispecchia perfettamente l’operare del rapper premio Pulitzer, il primo a decretare definitivamente lo spessore artistico ed intellettuale del rap. Non a caso la sua performance si chiude con un «Game Over», che sarebbe facile decifrare come lapide nel dissing con Drake, come se essersi portato a casa un Grammy per la miglior canzone dell’anno non fosse abbastanza. Potrebbe invece rappresentare la fine di una sorta di sottile discriminazione verso una disciplina che prima ha conquistato il mercato, poi ha messo la bandierina sulla cultura pop occidentale contemporanea, e che Lamar rappresenta come massima espressione possibile. Lo show di ieri lo dimostra ampiamente, il rapper 37enne californiano è riuscito a combinare insieme tutti gli elementi possibili: l’ironia pungente del rap, perché si, ha ballato leggiadro sulle ceneri del dissing con Drake, ma ha anche messo insieme una performance dal valore politico, sotto gli occhi del neo Presidente Donald Trump, il primo della storia ad assistere dal vivo al Super Bowl. Un’uscita da dimenticare per il Tycoon, non solo perché i Philadelphia Eagles hanno surclassato i suoi Kansas City Chiefs (40-22 il risultato finale), ma perché Lamar ha sbugiardato i valori stessi sui quali si fonda la retorica populista così in voga negli Stati Uniti così come in diverse parti d’Europa, Italia compresa.

«This Is The Great American Game!»

Basta semplicemente la presentazione di Samuel L. Jackson che nei panni dello Zio Sam, personificazione del tenace nazionalismo che contraddistingue gli americani, annuncia entusiasta: «This Is The Great American Game!», mentre la tastiera di un joypad della Playstation si materializza sul campo di gioco. A quel punto compare Kendrick Lamar, le sue parole, quelle tratte da successi globali come Wacced Out Murals e Squabble Up, i brani con i quali apre il suo set e nuovi inni di denuncia per la comunità nera. Poi passa a Humble e DNA, mentre il corpo di ballo rievoca una bandiera americana che sventola, si, ma frammentata, che si disfa e ricrea, oseremmo pensare, come fa più comodo alla narrazione di un paese che non è mai stato quello che racconta di essere. A quel punto una sorta di pausa, in scena anche SZA, una delle più popolari voci dell’R&B moderno, vengono eseguite Luther e All the Stars. «Ecco, bravo, così si fa! E’ questo che vuole l’America, roba tranquilla e piacevole, vedete di non fare casino» commenta dunque il maestro di cerimonie Samuel L. Jackson, ed è proprio lì che Lamar ci infila Not Like Us, il brano chiaramente più atteso e che nessuno sapeva se avrebbe cantato durante quello che è il più seguito evento della stagione televisiva statunitense. D’altra parte nel pezzo Lamar accusa Drake di pedofilia, argomento forse troppo teso per una festa di sport, ma il rapper non si fa nessun problema, la parola «pedofilo» viene eliminata dal testo, ma a cantarla è il pubblico, cosa che rende l’accusa ancor più conclamata. Il momento si fa inevitabilmente comico quando sulle note del pezzo viene inquadrata Serena Williams che si lascia andare ad una danza appassionata. Ok, messaggio ricevuto: la tennista in passato ha avuto una storia con Drake, finita con una rottura da lei voluta e alla quale il rapper rispose con un dissing. Così, anche vendetta è stata fatta, Lamar con pochi frame vince anche dissing non suoi. Capolavoro. Il set poi si chiude con TV Off, il più facile dei colpi da KO, un invito esplicito a spegnere la tv, ma, pensiamo, più in generale a spegnere il videogame, a spegnere questo approccio leggero nei confronti della realtà.

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