Sabino Cassese: «Vi spiego perché il governo poteva non arrestare Almasri»
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Sabino Cassese, ex ministro ed ex membro della Consulta, dice che il governo poteva esercitare «una certa dose di discrezionalità» nell’eseguire o no il mandato di cattura del libico Najeem Osama Almasri. E quindi Nordio poteva non eseguire la richiesta dell’Aia. «La convenzione di Vienna sui trattati internazionali prevede che una parte non può invocare le disposizioni della propria legislazione interna per giustificare la mancata esecuzione di un trattato (articolo 27). Il ministro della Giustizia ha spiegato in Parlamento che le decisioni della Corte penale internazionale presentavano gravissime anomalie, incertezze e inesattezze. Tant’è vero che la Corte stessa si è corretta», dice il giurista al Messaggero.
L’espulsione di Almasri
Per questo, sostiene con Pietro Piovani, «il ministro dell’Interno ha spiegato che deve prevalere la sicurezza e che ha adottato il provvedimento di espulsione, previsto dal testo unico sull’immigrazione, per la sicurezza dei cittadini e per gli interessi del nostro Paese all’estero. Ora si apre il problema relativo all’obbligo di collaborazione dello Stato alle decisioni internazionali e dell’affidabilità dell’Italia, che è rimesso alle iniziative del ministro della Giustizia, che intende chiedere chiarimenti alla Corte penale internazionale sulle decisioni assunte».
L’Italia, secondo Cassese, «deve rispettare il diritto internazionale e attuare le decisioni della Corte penale internazionale. Va tuttavia riconosciuto che la Corte penale internazionale, per questa procedura, è in una fase di pretrial, ha adottato un provvedimento cautelare provvisorio. Un arresto per assicurare una presenza dinanzi alla Corte. Il libico espulso è un accusato, non una persona giudicata. Su questi dati va svolta una ponderazione, nella quale ovviamente lo Stato ha anche una certa dose di discrezionalità».
La discrezionalità
Per questo Cassese difende Nordio: «Bisogna ricordare che il ministro della Giustizia ha invocato imprecisioni e contraddizioni della Corte penale internazionale e che quindi il bilanciamento va fatto anche nei confronti di una richiesta della Corte penale internazionale che è carente, secondo il governo e come ammesso dalla stessa Corte, che ha richiesto successive precisazioni proprio sull’aspetto più importante, cioè quello relativo alla durata del reato nel caso di un reato continuativo». Anche perché la Cpi «non è un organismo che ha fallito il suo compito. Ma un organismo che non si è ancora sufficientemente radicato nel diritto e nelle prassi internazionali».
Il braccialetto elettronico
Sull’Albania i giudici «hanno preso una decisione che non riguarda un caso concreto, ma un’intera categoria di persone, con implicazioni sullo stesso principio. Decisione che quindi finisce per avere una portata normativa», sostiene ancora Cassese. E sull’introduzione del braccialetto elettronico per i richiedenti asilo come alternativa al trattenimento nei centri di permanenza «i richiedenti asilo, proprio perché richiedenti asilo, debbono essere identificabili e non possono rendersi irreperibili. Quindi tutti gli strumenti che non costituiscono una limitazione irragionevole delle loro libertà possono essere utilizzati».