L’ex hostess che accusa il sindacalista di molestie: «Lo faccio per le mie figlie»
![barbara d'astolto](https://static.open.online/wp-content/uploads/2025/02/barbara-dastolto.jpg)
![barbara d'astolto](https://static.open.online/wp-content/uploads/2025/02/barbara-dastolto.jpg)
Barbara D’Astolto, 48 anni, ex hostess ora insegnante alla scuola primaria, è la donna che ha denunciato per molestie un sindacalista della Cisl assolto poi in primo e secondo grado. «Sapete il perché? Mentre mi metteva le mani dappertutto, mentre mi diceva cose disgustose, io avrei esitato venti secondi prima di reagire, raggelata, allibita, spaventata da una persona che avrebbe dovuto aiutarmi e invece mi aveva aggredita. Ma per il tribunale i miei venti secondi di paura sarebbero stati, invece, un consenso. Spero che oggi la Cassazione annulli quelle sentenze che hanno offeso non solo me, ma tutte le donne vittime di violenza», dice oggi in un’intervista a Repubblica.
Barbara D’Astolto
La donna parla delle sue due figlie di 12 e 8 anni: «Sia che vinca, sia che perda, quando saranno più grandi capiranno il senso della mia battaglia». Nel colloquio con Maria Novella De Luca racconta che all’epoca lavorava nei voli charter da Milano Malpensa: «Adoravo il mio lavoro. Ma subito dopo la nascita della mia prima figlia e ancora peggio dopo l’arrivo della seconda bambina, ero stata oggetto di feroce mobbing da parte dell’azienda, dopo aver chiesto l’esonero dai turni notturni». Ovvero: «Avendo chiesto di non fare più i voli a lungo raggio la mia carriera era stata fatta a pezzi. Retrocessa, emarginata. Così con altre hostess, anche loro madri, abbiamo fatto causa alla compagnia per discriminazione. È stato allora che mi sono rivolta a un sindacalista della Cisl che mi era stato segnalato da un’amica».
La storia
Il sindacalista «si presentava come una persona semplice, affidabile, padre di famiglia. Era assistente di volo, dirigente della Fit Cisl Lombardia. Naturalmente, per aiutarci, ci chiese di iscriverci al sindacato. Ancora oggi mi vergogno al pensiero di aver avuto quella tessera in tasca». Poi nel marzo 2018 l’incontro da soli: «La mia situazione in azienda era sempre più difficile. Lui mi propose di vederci da soli, nella sede del sindacato, per analizzare la mia documentazione. La sede è in una struttura laterale all’interno dell’aeroporto. L’appuntamento era alle 16, ma lui arrivò verso le 18, quando era già buio. Non c’era più nessuno, aprì con le sue chiavi, mi fece entrare nella sua stanza e chiuse la porta».
Diverso dal solito
Secondo Barbara l’uomo era «completamente diverso dal solito. Iniziò a dirmi che avrei dovuto lasciar perdere la causa contro l’azienda, sosteneva che avrebbe parlato lui con i miei responsabili, mi dovevo fidare, aveva un tono intimidatorio, tanto che mi arrabbiai e gli chiesi di ascoltarmi». A quel punto lui «si mise dietro le mie spalle e mentre seduta sul bordo di una sedia continuavo a leggere i documenti, iniziò a baciarmi sul collo, a mettermi le mani sul seno, poi addirittura dentro gli slip, mi tirò per gli slip cercando di farmi alzare e vomitandomi oscenità nelle orecchie». Ma lei è rimasta ferma. E questo le hanno contestato le giudici.
Paralizzata
«Non ero ferma, ero paralizzata. Avevo soltanto paura. Non c’era nessuno lì dentro, lui ed io, poteva farmi qualunque cosa. Quante donne durante uno stupro si immobilizzano, diventano inerti per il terrore di morire? Dopo venti secondi, quello più o meno credo sia stato il tempo, gli dissi: “Mi hai fatto incazzare, aprimi la porta che me ne vado”», dice invece lei. Che non denunciò subito ma «soltanto qualche settimana dopo, avendo scoperto che altre tre colleghe erano state pesantemente aggredite dallo stesso soggetto. Una di loro, norvegese, lo aveva anche denunciato al sindacato. Anche noi scrivemmo alla Cisl, la segretaria era Annamaria Furlan. Non ci hanno mai risposto».
Assoluzione
L’uomo è stato assolto in primo grado «e anche in appello a Milano nel 2024. A me sembra il mondo alla rovescia. Follia. Ma come dirà oggi in aula la mia avvocata Teresa Manente, se non c’è consenso è sempre violenza, è sempre stupro. In quattro l’abbiamo accusato di molestie ed è stato assolto. Quale giustizia è questa?». Adesso lei ha cambiato lavoro: «Sono una maestra. Avevo un diploma valido per insegnare, mi sono laureata. Ho un marito e due bambine. Una vita serena. Per loro oggi sarò in Cassazione insieme a tante altre donne, sperando in una giustizia giusta».