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Sanremo 2025, il canto di pace di Noa e Mira Awad: «Contro le follie di Trump, ricostruiamo la speranza per Israele e Palestina»

11 Febbraio 2025 - 19:37 Gabriele Fazio
Noa e Mira Awad
Noa e Mira Awad
Le due cantanti, israeliana e palestinese, intoneranno "Imagine" di John Lennon nella prima serata della kermesse: «Ce lo ha chiesto Carlo Conti»

Stasera, intorno allo scoccare delle 22, sul palco del teatro Ariston saliranno Noa e Mira Awad. La prima israeliana, la seconda palestinese, insieme canteranno una propria versione di Imagine di John Lennon con qualche insert in italiano che, svelano le due artiste in conferenza stampa nel pomeriggio, ha espressamente richiesto loro Carlo Conti. La musica per unire, anche se, dice Mira Awad, «siamo consapevoli della situazione, che una canzone non possa guarire le ferite, ma il pubblico può farlo. Vogliamo umanizzare, contro questo tentativo di disumanizzazione. Dobbiamo ricordarci che dall’altra parte c’è qualcuno che sta ascoltando e dal cervello la musica arriva al cuore». «Anche i media – aggiunge Noa – hanno una responsabilità. Quello che scrivete, le parole che scegliete, sono tutte cose che possono suscitare paura o lasciare spazio alla speranza. Dobbiamo chiederci se le nostre azioni portano paura o lasciano vivere la speranza». Una situazione particolare quella di Noa, che ha una figlia proprio in questo momento coscritta nell’esercito, così come lo è stata lei in gioventù secondo quanto prevede la legge israliena: «Io credo sia giusto difendere il proprio paese ma sarebbe più giusto che non ci fosse bisogno di un esercito. Non auguro a nessuno di far parte di un esercito».

La sfida a Trump e agli estremismi

Noa sulla questione raccoglie la vicinanza dell’amica. Con Mira Awad si conoscono dall’Eurovision Song Contest del 2016, quando cantarono insieme Must Be Another Way, canzone che poi hanno accennato a fine conferenza stampa. «Quello che sta succedendo a Gaza – prosegue Noa – è inaccettabile, leader che pensano di poter sparpagliare milioni di palestinesi. Sarebbe bene che non si semplificasse la situazione, non c’è solo bianco o nero, ma è importante capire che possiamo vivere tutti insieme e in pace. Sicuramente non succederà tra la sera e la mattina, l’importante è che non non ci siano più uccisioni e bombe. Una volta che tutti gli ostaggi torneranno a casa le comunità dovranno avere il tempo di guarire. Si può fare? Si. Sarà facile? No. Ma l’alternativa qual è? Continuare con il massacro?». Anche l’intervento della comunità internazionale sul conflitto viene percepita dalle due artiste in maniera equivoca: «Quando sono intervenuti gli Stati Uniti è stato inquietante ed è stata creata una grande confusione. Abbiamo visto tornare gli ostaggi e abbiamo pensato che fosse assurdo che ci volesse un pazzo come Trump per risolvere la situazione, ma poi ha cominciato a parlare di deportazione. Ho pensato ad una soluzione: potrebbe portare tutti i palestinesi in Florida, d’altronde la popolazione lì sta invecchiando e i palestinesi sono giovani. Si tratta di una battuta ma la situazione è davvero inquietante. Quel che è certo è che la soluzione deve arrivare da Israele e Palestina, siamo noi che dobbiamo ricostruire la fiducia». Aggiunge sulla questione Mira Awad: «Tutti vogliono fare dei post acchiappalike sulla nostra situazione e devono essere estremi, perché se un’idea è più lunga e complessa l’algoritmo la esclude. Ci sono politici come Trump che sanno come diventare virali. La nostra non è l’unica guerra nel mondo e nemmeno la più antica, ma è la più adatta per far funzionare i post sui social».

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