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L’ultimatum di Netanyahu (e Trump) a Hamas: «Gli ostaggi liberi entro sabato o ricomincia la guerra»

11 Febbraio 2025 - 19:03 Ugo Milano
Il premier israeliano in scia al leader Usa dopo il rinvio del prossimo rilascio da parte di Hamas. Ma i termini dell'annuncio restano ambigui

O Hamas libera gli ostaggi entro sabato alle 12 o il cessate il fuoco a Gaza s’interromperà e l’esercito israeliano «tornerà a combattere intensamente fino a che Hamas non sarà definitivamente sconfitto». È l’ultimatum lanciato dal premier israeliano Benjamin Netanyahu all’indomani dell’annuncio da parte del gruppo terroristico palestinese di voler rinviare il prossimo rilascio di ostaggi, fissato per sabato, a causa di non meglio specificate violazioni dell’intesa da parte di Israele. Parlando dopo la fine di una riunione fiume del gabinetto di sicurezza, Netanyahu ha aggiunto di aver anche dato a disposizione all’Idf di schierarsi «dentro e intorno alla Striscia di Gaza», pronto ad ogni scenario. Netanyahu pare così accodarsi al presidente Usa Donald Trump, che la scorsa notte aveva lanciato il suo ultimatum a Hamas: «Per quanto mi riguarda, se tutti gli ostaggi liberati non vengono liberati entro le 12 di sabato, io direi di cancellarlo (l’accordo di tregua, ndr) e di scatenare l’inferno». Il premier israeliano ha però mantenuto un certo margine di ambiguità non indicando il numero di ostaggi che Hamas deve liberare sabato perché la tregua persista: tre, come prevedono gli accordi in essere, o tutti – diverse decine, dunque – come ha indicato Trump?

Israele tiene la porta aperta all’intesa

La risposta all’ostacolo posto da Hamas è stata al centro di una riunione fiume oggi del gabinetto di sicurezza israeliano. 4 ore e mezza di confronto serrato sotto la guida del premier Benjamin Netanyahu, il cui esito resta, forse volutamente, incerto. Fonti israeliane hanno inizialmente fatto sapere che il gabinetto ha dato pieno sostegno alla posizione di Trump, ossia all’ultimatum a Hamas su sabato: tutti gli ostaggi liberi o salta la tregua. Più tardi però altre fonti citate da Haaretz e dal Canale 12 hanno indicato come Israele sia pronto a procedere sulla strada tracciata dall’accordo vigente, se Hamas si rimangerà la sua minaccia di rinvio e rilascerà come previsto tre ostaggi sabato. Sulla base dell’intesa entrata in vigore il 19 gennaio, Hamas deve rilasciare nella prima fase 33 ostaggi israeliani, in cambio della liberazione di centinaia di detenuti palestinesi – compresi condannati per atti di terrorismo -, dell’ingresso di aiuti ingenti per la popolazione di Gaza e del progressivo ritiro dell’Idf dalla Striscia. Sinora sono stati rilasciati 16 ostaggi israeliani, oltre a 5 thailandesi, e questo sabato dovrebbero esserne liberati altri tre. La liberazione di altre decine di ostaggi – non tutti sono vivi – dovrebbe avvenire nell’ipotetica seconda fase dell’accordo. I cui negoziati non sembrano però essere per ora mai davvero entrati nel vivo.

La sfida della ricostruzione di Gaza

Nel frattempo l’Onu ha fatto i conti sulle risorse necessarie al «recupero e ricostruzione» della Striscia di Gaza: ammonterebbero a 53,1 miliardi di dollari. «Di questi, i requisiti di finanziamento a breve termine per i primi tre anni sono stimati in circa 20,5 miliardi», sostiene il segretario generale Antonio Guterres in
un rapporto commissionato dall’Assemblea Generale.

In copertina: Il premier israeliano Benjamin Netanyahu col presidente Usa Donald Trump la scorsa settimana alla Casa Bianca – 4 febbraio 2025 (EPA/SHAWN THEW / POOL)

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