La grande fuga dei giovani italiani: «Partono soprattutto dal Nord e non solo per cercare lavoro» – I dati
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Tra il 2022 e il 2023 hanno lasciato l’Italia almeno 100 mila giovani. Il triplo di quelli che sono tornati nel nostro Paese (37 mila). Dal 2011, il saldo è di 377 mila giovani in meno, ovvero la differenza tra 550 mila partenze e 172 mila rientri. E a partire sono in gran parte ragazzi e ragazze del Nord Italia. Alla ricerca di un lavoro migliore, di una retribuzione più ricca, ma non solo. Molti partono per l’istruzione e la qualità della vita, andando verso Paesi che al contrario dell’Italia, riescono ad attrarre talenti. Negli ultimi 13 anni, il nostro Paese ha perso 133 miliardi di euro capitale umano.
Da dove partono i giovani italiani
Del mezzo milione di giovani che negli ultimi 13 anni hanno lasciato l’Italia, 80 mila lo hanno fatto partendo dal Nord Est, e altri 100 mila partendo dal Nord Ovest. Dal Sud sono partiti in 141 mila. Si tratta, rispettivamente, del 4,8%, del 4,4% e del 4,1% del totale. Ma i valori, secondo quanto spiega l’economista Luca Paolazzi della fondazione Nord Est citato dal Sole 24 Ore, sono sottostimati, dato che molti di coloro che se ne vanno mantengono la residenza in Italia. Le regioni dove l’emorragia appare inarrestabile sono soprattutto Lombardia (–63.639) e Veneto (–34.896). Seguono Sicilia (–41.910) e Campania (–32.800). Poi Piemonte (–25.946), Lazio (–25.988), Puglia (–23.913) Emilia Romagna (-21.052). Sotto i 20 mila dalla Toscana in giù.
Il capitale perso
E la perdita di capitale umano corrisponde anche a una perdita economica. La Fondazione Nord Est ha analizzato l’investimento pubblico in istruzione e la spesa delle famiglie per sostenere i figli fino al termine degli studi, stimando il valore economico del capitale umano perso con l’emigrazione dei giovani tra i 18 e i 34 anni. Dal 2011 al 2024, questa perdita è stata di 133,9 miliardi di euro, con la Lombardia al primo posto (22,8 miliardi), seguita da Sicilia (14,5 miliardi) e Veneto (12,5 miliardi). Nel solo biennio 2021-2022, il valore annuo del capitale umano emigrato è stato di 8,4 miliardi di euro, calcolato a prezzi del 2023. Questo rappresenta un investimento che avvantaggia i Paesi di destinazione, capaci di valorizzare competenze, energia e ambizione dei giovani italiani. In un contesto di competizione globale per i talenti, l’Italia risulta perdente, sentenzia la Fondazione.
Non partono solo laureati
L’identikit degli espatriati è vario. Poco più del 40% di chi parte è laureato, circa il 30% diplomato, e la restante parte non ha né diploma né laurea. Emerge, dunque, che l’estero non è attrattivo solo per i lavori qualificati. Questi ultimi partono principalmente dal Nord, seppure le offerte di lavoro non manchino. Anzi, ben 130 mila dei giovani emigrati ha un profilo altamente ricercato dalle aziende nostrane, evidenzia la Fondazione. Tra il 20% e il 26% di chi parte lo fa alla ricerca di migliori opportunità lavorative. Tra questi, solo il 10% adduce come motivazione uno stipendio migliore. Gli altri si concentrano sulla qualità della vita e sulle opportunità di crescita. Ben il 30% cerca invece studio o formazione.
Dove vanno i giovani italiani
Questo dato, già di per sé preoccupante, diventa ancora più allarmante se si considerano anche gli arrivi. In Italia, per ogni 8,5 giovani che emigrano verso i principali paesi competitor, arriva solo un giovane straniero. Tra il 2011 e il 2023, le dieci principali destinazioni dei giovani italiani sono state Regno Unito, Germania, Svizzera, Francia, Spagna, Brasile, Stati Uniti, Paesi Bassi, Belgio e Australia. Dal Nord Italia, in particolare, sono partiti 205mila giovani, mentre da questi stessi paesi ne sono arrivati solo 67mila, numero che scende a 28mila escludendo il Brasile.