Violante Placido: «Ho sognato Moana Pozzi prima del film. Sofia Gucci era sempre nuda e se la coprivano diceva che era assurdo»
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L’attrice Violante Placido dice che per interpretare Moana Pozzi ha visto tutti i film della pornoattrice. E che vorrebbe uscire dall’immagine di figlia di Michele Placido. Nell’intervista che rilascia oggi al Corriere della Sera parla della sua adolescenza: «Non c’era bisogno di essere ribelli. Ho avuto un’enorme libertà, da piccola volevo fare tutto da sola, anche se mia nonna materna mi ha molto accudito. Mi sono creata subito il mio mondo al di fuori della famiglia. Amavo i cavalli, facevo salto a ostacoli. A 13 anni me ne comprarono uno, lo chiamai Sugar Kane come il nome di Marilyn Monroe in A qualcuno piace caldo. Era il mio mito, giocavo a essere lei, mi truccavo come lei, cantavo le sue canzoni, tanto che con mia madre, in un momento di crisi con mio padre, andai in America. Mi iscrisse allo Strasberg Institute di recitazione. E…».
La figlia di Simonetta Stefanelli
Sua madre è Simonetta Stefanelli, che ha interpretato il ruolo della sposa siciliana di Michele Corleone ne Il Padrino II di Francis Ford Coppola. A scuola lei imitava Marylin Monroe: «Facevamo esercizi sensoriali per lavorare sulla memoria ed esperienze del passato. Ricordo un’ora con gli occhi chiusi a sentire il peso di un’arancia, la consistenza della buccia, l’odore. Marilyn… Al corso portai la scena di un suo film. Andavo per emulazione. I docenti mi dissero che dovevo trovare la mia unicità. Mi sentii confusa». Quando canta usa il nome di Viola perché «Violante Placido non mi sembrava un nome credibile per la musica, troppo ingombrante, mi sembrava di usare una scorciatoia. Viola era il nome con cui mi chiamavano le persone più intime. Ed io volevo farmi conoscere nella mia intimità», dice a Valerio Cappelli.
I suoni e il canto
E spiega: «Il canto mi mette in contatto con la mia parte più profonda, una forma di autoterapia. Volevo dare voce alle mie fragilità e insicurezze. La musica è centrale, attraverso i suoni poteva uscire il mio lato più vero, la mia fragilità, il mio mondo interiore, la possibilità di essere altro dall’immagine che si aveva di me attraverso i miei personaggi, della bella e stronza. Ho scritto una canzone, Non essere timida, che è una auto esortazione. La timidezza e il pudore eccessivo mi bloccavano. Ho girato una clip dove c’è un’idea di rottura, il mio compagno, Massimiliano D’Epiro, padre del nostro figlio, come regista mi ha reso barbuta, è un omaggio a La donna scimmia di Marco Ferreri».
La carriera di attrice
Il padre Michele, spiega Violante, avrebbe preferito per lei il mestiere di costumista rispetto a quello di attrice: «Non per denigrarmi, era per dire qualcosa che non fosse fare l’attrice, che richiede una spietata determinazione e nervi saldi. Pensava che il suo sogno realizzato fosse un caso straordinario. La verità è che tutti noi abbiamo il nostro percorso e questo meraviglioso lavoro non si fa solo per avere carriere stellari che non sempre sono determinate dal talento e basta. Io la mia scelta la vivo con vitalità e senso di sfida. All’inizio non volevo fare l’attrice, non mi sentivo pronta, vedevo il mio futuro nello sport». La madre ora «vive in campagna, dipinge e scrive poesie nella natura. Si ritirò perché continuavano a offrirle commedie sexy e dopo aver lavorato con Coppola non si accontentava facilmente».
Moana Pozzi
Riguardo il film su Moana Pozzi, dice che «il provino l’ho vissuto quasi come una chiamata. Per andare a scuola, sulla Cassia, ogni giorno passavo davanti alla factory di Riccardo Schicchi che era il manager suo e di Cicciolina. Faceva parte di un immaginario che vivevo. Mi sono buttata a capofitto su Moana, un’esperienza totalizzante, ho letto e visto tutto, anche i suoi film porno. Schicchi mi invitò alla factory, che era uno scantinato in disuso, coi manifesti per terra».
Riccardo Schicchi
Ha conosciuto Riccardo Schicchi, che era «Simpatico, sornione, diceva che Moana era imponente, che gli incuteva soggezione. Moana l’ho sognata alla vigilia delle riprese, era dolce e bella, aveva un abito trasparente ricoperto di pietre luminose, mi venne incontro, mi sorrise e mi abbracciò, per me fu come il suo lasciapassare. In quel film ci sono anche vere pornostar, erano empatiche e disinibite per forza di cose, un uomo diceva di avermi sognata in un campo di fiori. Sofia Gucci era sempre nuda e metteva in imbarazzo i tecnici perché tra un ciak e l’altro correvano a coprirla, lei diceva che era assurdo».