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Amazon, frode fiscale da 1,2 miliardi grazie all’algoritmo: la procura di Milano indaga tre top manager

14 Febbraio 2025 - 08:51 Filippo di Chio
amazon frode fiscale algoritmo manager indagati milano
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Il colosso americano avrebbe omesso di pagare gli obblighi tributari per la merce proveniente da venditori extra-europei. L'azienda tira su le barricate: «Nessuna violazione»

Amazon avrebbe commesso frode fiscale per il valore di 1 miliardo e 200 milioni di euro nel triennio 2019-2021. Questa è l’accusa formulata dalla procura di Milano a carico della multinazionale americana e di tre top manager, indagati. Sotto la lente degli inquirenti ci sarebbe il metodo di vendita a distanza utilizzato dal colosso di e-commerce. In particolar modo l’algoritmo predittivo su cui si basa lo stoccaggio della merce in Italia. Amazon, secondo il pm Elio Ramondini, avrebbe infatti ignorato gli obblighi tributari che derivano dalla vendita in Italia di merce proveniente da venditori extra-europei. In concreto, tra sanzioni e interessi da ripagare al fisco, la Guardia di finanza di Monza contesta alla multinazionale circa 3 miliardi di euro.

I calcoli della Guardia di finanza

La comunicazione formale di «dichiarazione fraudolenta» è arrivata negli uffici di Amazon il 23 dicembre scorso al termine di una verifica fiscale. Le Fiamme gialle avevano individuato grazie a un elaboratore della Sogei (Società generale d’informatica del Ministero dell’Economia) una scappatoia tramite cui la società di Seattle evitava di pagare all’Agenzia delle entrare il 21% di Iva che è previsto su tutta la merce che proviene da venditori extra-europei. Per farla breve, Amazon – il cui volume di vendite in Italia secondo il supercomputer Sogei sarebbe composto per oltre il 70% da prodotti cinesi – avrebbe evitato di dichiarare l’identità dei venditori e dunque avrebbe omesso di comunicarne i dati al fisco.

La difesa di Amazon e l’algoritmo predittivo

La società americana, a differenza di molte altre multinazionali messe nel mirino dalla procura di Milano, non avrebbe scelto di trattare con l’Agenzia delle entrate. Anzi, attaccata nel cuore del suo modello di business, ha intenzione di dimostrare come l’utilizzo di un algoritmo predittivo li esenti dal pagamento dell’Iva sui prodotti extra-europei. Amazon, infatti, non considera vendite «a distanza» quelle in cui, nel momento in cui un consumatore ordina la merce online, la stessa merce è già presente in uno dei magazzini disposti sul territorio italiano. Una possibilità che il colosso ha proprio grazie al suo algoritmo, che legge le tendenze di acquisto e permette un’organizzazione più funzionale dei beni venduti. Ma la difesa di Amazon non si ferma certo qui. Dopo aver rimarcato come nessun altro Paese europeo abbia mai neanche pensato di sollevare una contestazione del genere, ha sottolineato la completa impraticabilità del sistema di verifiche richiesto dal Fisco italiano. Soprattutto quando si tratta di un’azienda di quelle dimensioni.

Lo scontro frontale con la procura

Difficile, però, che gli inquirenti abbandonino l’inchiesta. Anche perché, se anche fosse vero che scade la specifica di «vendita a distanza» in caso di acquisto di una merce già in stock, Amazon dovrebbe comunque giustificare all’Agenzia delle entrate a quale titolo detiene in Italia merci extra-europee, «come fosse un unico enorme conto di deposito anticipato». Insomma, l’impressione è che sia Amazon che la procura non vogliano fare alcun passo indietro e si preparino a uno scontro frontale.

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