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Massimo D’Alema, la guerra delle banane e l’Ue che non ha una strategia per fronteggiare Trump

14 Febbraio 2025 - 06:39 Alba Romano
massimo d'alema preoccupato affari aiutini stato
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L'ex presidente del Consiglio e i dazi degli Usa: l'Europa deve cercare di essere una potenza

«Noi europei, noi italiani abbiamo interesse vitale ai commerci». E non possiamo certo immaginare di reagire alle eventuali politiche protezionistiche americane, rinazionalizzando le nostre politiche del commercio, materia esclusiva dell’Unione, magari chiedendo agli americani: ci togliete quel prodotto? A me capitò, ma fu un dono di Clinton, non una mia richiesta…». Massimo D’Alema svela questo retroscena che risale all’epoca in cui era presidente del Consiglio per spiegare la differenza tra quello che c’era all’epoca e la situazione di oggi sui dazi di Donald Trump. Nel colloquio con Fabio Martini pubblicato da La Stampa l’ex premier ricorda la guerra delle banane e come è andata a finire.

La guerra delle banane

«L’Ue aveva introdotto tariffe di favore per i prodotti in arrivo dall’Africa e questo danneggiava gli interessi della potente United Fruit Company. Gli americani reagirono, mettendo dazi su una serie di prodotti europei. Quando andai negli Stati Uniti, nel corso di una conferenza, dissi che gli americani avrebbero avuto più difficoltà a mangiare il prosciutto crudo, il pubblico sorrise e il presidente Clinton, alla fine di quell’incontro, segnato da un generale feeling, si fece portare la lista dei prodotti gravati dal dazio e cancellò il prosciutto. Fu un gesto di amicizia, non richiesto e può darsi che la presidente del Consiglio ottenga qualcosa di simile, ma non è la soluzione del problema. Perché la presidenza Trump suggella e amplifica una crisi epocale», dice.

L’amministrazione Trump

Per D’Alema «l’amministrazione Trump segna la fine di qualcosa che era già in crisi profonda: l’ordine mondiale liberale. Perché era in crisi il soggetto fondamentale attorno al quale questo ordine si è costruito: l’Occidente. Un ridimensionamento anzitutto di peso economico: quest’anno i Brics hanno prodotto una quantità di ricchezza che è cospicuamente superiore a quella delle economie del G7. Ma oramai vengono rimessi in discussione i principi intorno a cui l’ordine liberale è stato costruito e questo avviene non soltanto per la sfida delle autocrazie, ma da parte della stessa amministrazione americana, che mette in discussione principi e valori».

L’Ucraina

Sull’ucraina «noi abbiamo interesse alla pace e non a soluzioni che ci vengano imposte, né ad est né al sud. Soluzioni nelle quali l’Europa sia partecipe e protagonista. Il fatto che l’Europa non abbia elaborato una sua strategia su come concludere la guerra in Ucraina è stato un gravissimo atto di irresponsabilità politica. Abbiamo pensato soltanto che si dovessero produrre munizioni e non una strategia politica. E oggi, mentre gli americani aprono una trattativa, è abbastanza penoso che noi dobbiamo rincorrere: ci siamo anche noi… Un ritardo evidente. Era chiaro dall’inizio che questa guerra non la poteva vincere nessuno. E che quindi bisognava lavorare per tempo ad una soluzione politica sostenibile».

Una potenza

L’Europa deve cercare di essere una potenza. E questo, secondo D’Alema, significa che «non può avere nei confronti della Cina lo stesso atteggiamento degli americani che pretendono dai noi durezza, per poi andare a negoziare dai cinesi i loro interessi». Spezzare il rapporto con Pechino «sarebbe suicida. Se ci facciamo coinvolgere in una politica di tipo protezionistico, ci facciamo del male. Questo armamentario della nuova guerra fredda tra democrazie e autocrazie va smontato: l’interessa vitale per l’Europa è creare le condizioni per una nuova coesistenza pacifica».

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