Sanremo 2025, sì al ritorno del cantautorato, no al Cristicchi gate. Forse la direzione di Carlo Conti – Le pagelle finali del Festival
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Quella che ci siamo appena lasciati alle spalle è una delle più strane edizioni della storia recente del Festival della Canzone Italiana di Sanremo. Il fatto che abbia vinto Olly, risultato tutto sommato prevedibile, non rende l’analisi meno valida. Come fa un Festival così moscio, con così scarso appeal musicale e social a battere qualsiasi record? Tenteremo di capirlo insieme con un pagellone riassuntivo, per analizzare insieme quello che è stato il Sanremo 2025 di Carlo Conti.
Il ritorno del cantautorato – Voto: 10
Tutto ci si poteva aspettare in questo Festival, la cui vigilia è stata caratterizzata dal gossip, tranne che poi a catturare, non tanto l’attenzione, ma il puro amore del pubblico, sarebbero stati due signori che hanno caratterizzato in maniera potente il sottobosco musicale italiano, come Brunori Sas e Lucio Corsi. Due cantautori che si presentano con brani che vanno in totale controtendenza rispetto a ciò che va oggi nella musica italiana: la poesia, la delicatezza, l’audacia della calma. Sarà il clima sempre più infuocato che domina le nostre vite e i social. Sarà che i social, con quell’approccio violento, rappresentano ormai una buona parte delle nostre vite, ma il pubblico evidentemente aveva bisogno di un attimo di sollievo dalle brutture che caratterizzano il tempo che accerchia il Festival.
Lucio Corsi in particolare ha vissuto una favola che ricorda quella del Leicester di Ranieri. Una favola in questa discografia ipermachista che ha per protagonista un cantautore autentico, che in pochissimi conoscono, in gara con una canzone, Volevo essere un duro, che inneggia alla fragilità, alla vulnerabilità, con una poetica semplice e garbata, che sale sul palco e per far reggere le spalline si affida a due pacchetti di patatine, che il venerdì duetta con Topo Gigio, e che riesce a conquistare totalmente pubblico e critica. Ma soprattutto, potrebbe rappresentare un nuovo corso del Festival e anche, perché no, della stessa discografia, che potrebbe trovare economicamente interessante puntare nuovamente su giovani cantautori con uno stile lontano da quello degli ultimi anni. Si porta a casa il Premio della Critica, l’unico credibile della kermesse ligure, mettendosi in una lista insieme ai più grandi della storia. Un posto occupato oggi e che presto dimostrerà di meritare.
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Il rap al Festival – Voto: 7
Forse servirebbe ricordarci che il rap è un genere musicale, non un look. Non è che sei rapper a seconda della quantità di tatuaggi che porti sul viso. Sei un rapper quando componi le tue canzoni in un certo modo. Bresh di solito fa rap, ma La tana del granchio non è un pezzo rap; i Coma_Cose facevano rap ma Cuoricini non è affatto un pezzo rap. Rkomi è da sempre vicino al mondo rap, ma Il ritmo delle cose non è un pezzo rap. Tony Effe ha sempre fatto trap, che è comunque una declinazione del rap, ma Damme ‘na mano è uno stornello romanesco. Stesso discorso per Achille Lauro, che però sta subendo una metamorfosi in cantautore intimista. Gli unici a fare rap in questa edizione di Sanremo, seppur adattandosi ai tempi, con insert pop, cantati, anche per coordinarsi con un’intera orchestra, sono Fedez, naturalmente Shablo con la sua crew, Willie Peyote e, con una certa elasticità, Rocco Hunt. Tre di questi progetti tra l’altro sono del tutto estranei alla scena rap che va forte in classifica, una scena che forse nei piani di Conti doveva essere rappresentata con un pezzo rap da Emis Killa e la sua Demoni. Peccato che nemmeno quel pezzo fosse granché vicino alle sonorità rap. Allora, di fatto, potremmo definire questa fotografia sanremese alla musica italiana, decisamente sfocata. Attenzione, parliamo di un non problema, dato che perlomeno gli unici pezzi rap che ci sono, sono tra i migliori di Sanremo 2025.
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Il Cristicchi gate – Voto: 4
Il voto basso non va assegnato a Simone Cristicchi ma a un Paese incapace di non doverla buttare regolarmente in barricata. Il fenomeno Cristicchi potrebbe anche rappresentare in questo senso perfino un caso-studio. Simone Cristicchi è un cantautore che nel 2005 trova il successo nazionalpopolare con il brano Vorrei cantare come Biagio, poi nel 2007 vince il Festival con Ti regalerò una rosa, poi si dedica ad un percorso decisamente intellettuale, si concentra sul teatro, esce totalmente dai radar della discografia da classifica. Nel Sanremo 2025 poi ce lo ritroviamo nel cast di Conti con il brano Quando sarai piccola, una ballad strappalacrime, una lettera alla mamma malata che invecchia e lui, figlio, che le promette che si occuperà lui di lei. Non la canzone più bella della storia, ma tocca nervi scoperti comuni a tutti. Infatti tutti, ma proprio tutti, si commuovono fino al pianto. Scatta un amore sconsiderato nei confronti di questo pezzo, perché in fondo siamo italiani e mammoni. Il fenomeno dura più o meno 24 ore, poi prende il sopravvento un altro aspetto del nostro essere italiani: il sospetto: «Ma ‘sto Cristicchi, vuole davvero bene a mammà? O lo fa per vincere il Festival?»; «Ok, ha fatto un pezzo sulle mamme che invecchiano, ma romanza troppo»; «Una volta ha detto: “vorrei vivere in un mondo dove la maternità surrogata venga abolita”…capito sto fascio?»; «Ha fatto anche uno spettacolo teatrale sulle foibe, questo l’ha mandato il governo». Poche ore e il Cristicchi poeta e figlio devoto si trasforma in un militante di CasaPound, un meloniano di ferro e «guai se lo fate vincere». Arriva quinto. La canzone è totalmente dimenticata. Ciao Simone, è stato bello ritrovarti.
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La direzione artistica di Carlo Conti – Voto: 4
Il vero vincitore del Festival di Carlo Conti è Amadeus. Il conduttore toscano altro non fa che raccogliere i frutti del lavoro degli ultimi cinque anni del collega veronese. I numeri stratosferici, quasi bulgari, che raggiunge Conti, con picchi del 76,1%, altro non sono che la certificazione che Amadeus è riuscito a riportare Sanremo tra le annuali italiche tradizioni. Amadeus ha trasformato il Festivàl in una festa comandata, avesse continuato a condurre forse oggi ci scambieremmo regali e arrederemmo casa con immagini di Fiorello, consumando ingenti quantità di brandacujùn. Una hype che prima di lui si era completamente persa. Questa teoria in effetti è l’unica possibile spiegazione rimasta, perché non troviamo davvero credibile che un Festival così noioso possa davvero tenere incollati alla tv tutte queste persone. Carlo Conti non ha Fiorello, Carlo Conti ha fatto una scelta scellerata come direttore artistico (troppe canzoni e di livello tra il medio-alto e il, citando Checco Zalone, «ma è del mestiere questo?»), ha anestetizzato sul nascere qualsiasi polemica, da sempre benzina per questo gigantesco carrozzone, ha sbagliato clamorosamente una serie di co-conduttori (Antonella Clerici, Cristiano Malgioglio, Elettra Lamborghini), ha confermato il trend secondo cui le gag sul palco dell’Ariston sono semplicemente imbarazzanti e la sua conduzione classica, rassicurante, da varietà del sabato sera, ha reso tutto anonimo. La scelta dell’inno ultranazionalista di Gabry Ponte poi, è un gesto imperdonabile. Nemmeno aver portato sul palco la meravigliosa Bianca Balti (che ha trattato esattamente come lei non voleva essere trattata: guerriera, malata, mamma), Geppi Cucciari, talmente brava da metterlo quasi in ombra nel suo essere senza freni e autentica e Nino Frassica, semplicemente geniale. Nemmeno aver portato in gara Shablo, il primo producer della storia nel cast di un Sanremo, forse la sua idea più rilevante come direttore artistico. Nemmeno aver eliminato il momento monologhi, una tortura legalizzata. Ecco, nessuno di questi dettagli riescono a rendere questo Festival anche solo lontanamente memorabile.
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Il Sanremo di Tony Effe – Voto: 4
Duro e puro con i ragazzini che lo idolatrano, poi mette piede all’Ariston e Tony Effe fa dietrofront su tutto. Damme ‘na mano è un pezzo che non ha niente a che vedere con la totalità della musica finora proposta dal trapper romano. Alla sala stampa nel pomeriggio della finale dice: «Desideravo da tempo fare una canzone in dialetto, sono fan degli artisti romani, solo che non trovo mai il contesto giusto. Metterlo in un disco sembrava fuori luogo, Sanremo sembrava l’occasione giusta». Retromarcia anche sul look, la prima sera infatti Tony Effe si è presentato sul palco con i tatuaggi sul volto coperti, per mostrare rispetto verso il contesto festivaliero ma anche verso la mamma. Quanta tenerezza. In un mondo normale, tutti quei minorenni che lo vedono come un esempio, dovrebbero condannare la sua incoerenza artistica, ma il progetto Tony Effe è molto più estetico che artistico, per questo quando la Rai gli impedisce di salire sul palco senza un collanone da 71mila euro lui dichiara senza vergogna: «Mi hanno tolto i superpoteri», arrivando perfino a minacciare Conti di abbandonare il Festival. Perché Tony Effe può pure salire su un palco e cantare Il ballo del qua qua e i suoi fan non alzeranno mezzo sopracciglio. Ma se gli togli le collane è come se togliessi a Toni Stark l’armatura di Iron Man. Resta soltanto un uomo, tra l’altro anche incapace di cantare. Non fosse personaggio così pericoloso per la cultura artistica di questo Paese, farebbe quasi tenerezza.
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Il Festival di Fedez – Voto: 7
Chissà se prima o poi qualcuno ritroverà la scatola nera della vita di Fedez per scoprire qual è la verità dietro tutte queste disavventure dalle dinamiche e tempistiche decisamente sospette. Partiamo dal fatto che Battito, il pezzo con cui ha gareggiato è un buon pezzo, ben scritto e ben interpretato. Certo, risulta piuttosto sospetto il fatto che mentre quasi tutti gli altri artisti in gara facevano una promozione sfrenata lui stesse totalmente in silenzio e a pochi giorni dall’inizio della kermesse Fabrizio Corona, il cui rapporto con lui resta un po’ ambiguo, decida di svelare gli altarini rispetto la favola dei Ferragnez. Fedez sul palco si presenta visibilmente scosso, sudato, tremante, disperato. Ancor prima che esplodesse la bomba Falsissimo, Fedez aveva fatto trapelare la scelta del duetto per la serata delle cover. Aveva a disposizione tutta la discografia mondiale, ma lui opta per Bella stronza di Marco Masini. Apriti cielo. A chi si riferisce? A Chiara Ferragni? Alla ragazza che in realtà amava mentre stava per sposare Chiara Ferragni? Si tratta di strategia? Una strategia vincente? Quel che è certo è che ancora una volta Fedez non riesce a fare il musicista, come tutti gli altri. E stavolta però è un peccato.
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Gli autori dei testi – Voto: 6
Una delle polemiche che hanno preceduto il Festival, soprattutto lato addetti ai lavori, è quella in riferimento ai molti brani firmati da un ristrettissimo gruppo di autori. I nomi incriminati sono quelli di Federica Abbate, Davide Simonetta, Davide Petrella, Jacopo Ettorre, Nicola Lazzarin e Blanco. Insieme questi signori hanno scritto, è stato calcolato, il 66% dei 29 brani in gara. E no, non si tratta, come ha detto Conti prima del Festival, di «una dimostrazione del fermento creativo che coinvolge sia autori che artisti, spesso pronti a collaborare o a scambiarsi le canzoni». Si tratta invece di una fotografia abbastanza netta di ciò che succede nella musica italiana oggi, dove dietro molti brani in alto in classifica si celano proprio quei nomi. Un delitto? Crediamo di no. Non da parte degli artisti, sicuramente, che, scegliendo pezzi pop, è chiaro che per un’avventura cosi importante si affidino ad esperti del settore.
Semmai se c’è una colpa è di quel direttore artistico che ne convoca in gran quantità, smascherando il giochino di chi si affida letteralmente a un condominio di gente per scrivere la propria musica. Il risultato di tale scelta tanto poi, gira che ti rigira, cade sul pubblico, su chi ascolta la playlist di Sanremo o in questa settimana ha assistito allo show, e si è ritrovato una serie di canzoni una identica all’altra. Per la precisione: Febbre di Clara, Dimenticarsi alle 7 di Elodie, Chiamo io chiami tu di Gaia, Amarcord di Sarah Toscano. Però Carlo Conti durante la conferenza stampa post pre-ascolti si è detto dispiaciuto che mancasse il rock nel suo Festival. Potrebbe anche provare, come sarebbe giusto, a fare una chiamata al direttore artistico per lamentarsi della cosa. Ops.
Lo speciale Sanremo 2025
- Il regolamento del Festival di Sanremo 2025
- Sanremo 2025, chi sono gli ospiti del Festival?
- Sanremo 2025, chi sono conduttori e conduttrici del Festival?
- Sanremo 2025, le cover e i duetti della quarta serata del Festival
- Sanremo 2025, chi sono co-conduttori e co-conduttrici del Festival?
I testi delle canzoni
ACHILLE LAURO – Incoscienti giovani | BRESH – La tana del granchio | BRUNORI SAS – L’albero delle noci | CLARA – Febbre | COMA_COSE – Cuoricini | ELODIE – Dimenticarsi alle sette | FEDEZ – Battito | FRANCESCA MICHIELIN – Fango in paradiso | FRANCESCO GABBANI – Viva la vita | GAIA – Chiamo io, chiami tu | GIORGIA – La cura per me | IRAMA – Lentamente | JOAN THIELE – Eco | LUCIO CORSI – Volevo essere un duro | MARCELLA BELLA – Pelle diamante | MASSIMO RANIERI – Tra le mani un cuore | MODÀ – Non ti dimentico | NOEMI – Se t’innamori muori | OLLY – Balorda nostalgia | RKOMI – Il ritmo delle cose | ROCCO HUNT – Mille vote ancora | ROSE VILLAIN – Fuorilegge | SARAH TOSCANO – Amarcord | SERENA BRANCALE – Anema e core | SHABLO feat. GUÈ, JOSHUA e TORMENTO – La mia parola | SIMONE CRISTICCHI – Quando sarai piccola | THE KOLORS – Tu con chi fai l’amore | TONY EFFE – Damme ‘na mano | WILLIE PEYOTE – Grazie ma no grazie