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Elly Schlein sfida Giorgia Meloni: «Deve togliersi il cappellino di Trump e decidere con chi stare»

elly schlein giorgia meloni
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La segretaria Dem: «È l’ora di dare una risposta: all’Italia prima che a noi»

Giorgia Meloni deve venire in parlamento a dire da che parte sta. Ovvero se da quella dell’Europa, oppure se ha deciso di indossare il cappellino di Donald Trump. A dirlo è Elly Schlein in un’intervista a Repubblica. Nella quale rintuzza la strategia della premier sui soldati in Ucraina. E dice che Meloni «deve innanzitutto spiegare cosa intende fare lei. Decidere se schierarsi con l’Europa o con il presidente americano. Da settimane dicevamo che non si può stare col piede in due scarpe in eterno. Quanto accaduto in questi giorni impone una scelta di campo. Qual è la sua? È l’ora di dare una risposta: all’Italia prima che a noi».

JD Vance

Secondo Schlein la premier avrebbe dovuto dire la sua innanzitutto su JD Vance. «Trump ha spedito a Monaco il suo vice, J.D. Vance, a sferrare un attacco senza precedenti all’Europa. Sui valori prima di tutto: una comunità che si fonda sui principi democratici e lo stato di diritto non può prendere lezioni da un’amministrazione che calpesta a i diritti fondamentali ed esclude dai negoziati di pace la Ue e addirittura l’Ucraina. È necessario che entrambe giochino da protagoniste al tavolo del negoziato per costruire una pace giusta, coinvolgendo le Nazioni Unite perché solo il multilateralismo è in grado di far prevalere il diritto internazionale e dialogo sull’uso della forza. Soprattutto bisogna che l’Italia sieda dalla parte giusta: quella di un’Europa che reagisce unita e compatta alle provocazioni del tycoon. Non è l’ora dei distinguo».

L’ambiguità

Secondo la leader dem Meloni è ambigua: «Trump non si è mai nascosto, il suo disegno di indebolire l’Europa lo ha sempre dichiarato. Per questo trovo assurdo che si possa rinchiudersi nelle relazioni bilaterali, anziché lavorare a una maggiore integrazione europea per evitare di finire ai margini. Su questo l’Italia può dare una spinta propulsiva». In Europa Meloni «si deve battere per superare l’unanimità, nemmeno un condominio può funzionare se si conserva il diritto di veto. E per investimenti comuni: serve un Next Generation da 800 miliardi l’anno per l’autonomia strategica della Ue in diversi settori».

Ovvero: «La politica industriale, necessaria anche per sostenere l’innovazione della nostra manifattura. Quella tecnologica, a partire dall’AI, su cui l’Europa è troppo indietro, corre il rischio di restare strangolata nella competizione fra Usa e Cina. E l’autonomia energetica. Oltre a una politica di difesa comune. Che però, attenzione, non è la corsa al riarmo dei singoli Stati a cui abbiamo assistito finora».

La spesa militare

Perché «oggi se si somma la spesa militare di tutti e 27 i Paesi europei, si scopre che è più alta di quella della Cina e della Russia. Se ci mettiamo insieme, risparmiamo pure, condividendo investimenti e ricerca. Lo scenario internazionale è cambiato, l’Europa non può delegare ad altri la sicurezza del continente, tanto più dopo il disimpegno annunciato da Trump. Quindi la difesa comune è necessaria. A una condizione, però: che non si acceleri solo su questo, magari a scapito della spesa sociale. Il Pse non lo accetterebbe mai».

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