Vietato dire «terme» se non c’è acqua termale, la sentenza del Tar che fa tremare i centri benessere
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La parola «terme» può essere riferita solo a centri dove vengano utilizzate «acque termali aventi riconosciuta efficacia terapeutica per la tutela della salute». È questa la novità al centro di una sentenza del Tar del Lazio che rischia di mettere fuorilegge numerose strutture in tutta Italia che oggi usano il termine pur non impiegando vere acque termali. Ovvero quelle che sgorgano dal sottosuolo ad alta temperatura scaldate dai fenomeni vulcanici, spesso ricche di sali minerali.
La battaglia legale contro QC Terme
Il tribunale amministrativo regionale ha accolto un ricorso proposto da Terme e Grandi Alberghi di Sirmione Spa che a sua volta contesta un provvedimento dell’Antitrust. L’autorità aveva archiviato una segnalazione di Terme di Sirmione e Federterme contro la pratica commerciale scorretta di QC Terme. Questa utilizza il termine anche per gli stabilimenti, come quelli nel centro di Milano, che non sorgono in prossimità di vere sorgenti termali. Secondo quanto stabilito dal Tar, usare la parola «terme», come QC fa nei propri centri, sulle brochure e online, può generare confusione nei consumatori.
Le motivazioni della sentenza
«Non è stato menzionato – nota il Tar del Lazio – nel provvedimento impugnato all’Antitrust, il fatto che tali strutture utilizzino il termine “terme” già nella denominazione. Mentre risulta evidente che l’inserire, nella sigla che individua tali strutture, la parola “terme”, risulta già di per sé idoneo a ingenerare nel consumatore il convincimento che il centro in questione sia di natura termale e utilizzi acque termali in senso proprio». Scrive ancora il tribunale: «La struttura Qc Termegarda è pubblicizzata, nel sito della società Qc Terme Srl, nella sezione dedicata ai “centri benessere”, distinta da quella dedicata ai “centri termali”, e che non vi è menzione della presenza di acque o cure termali nella struttura medesima, così come con riferimento alle altre strutture prive di acque termali facenti capo alla società segnalata». Una divisione che, secondo il Tar non è sufficiente.